Questo articolo da Il Ricciocorno Schiattoso (lungo ma, per favore, leggetelo, è importante per tutt*) , per mezzo di un raffronto tra un reportage e delle schermate prese dalla rete italiana, mostra ciò che stiamo denunciando anche su questo blog da anni, cioè l’unità delle strategie del movimento mascolinista nel mondo, l’utilizzo degli stessi metodi basati sul bullismo, sul female bashing (diffamazione e ridicolizzazione del genere femminile), sulla persecuzione individuale di ogni attivista che si interessi di antiviolenza (e quindi di ogni attivista femminista o profemminista, uomo, donna che sia), sulla diffamazione del movimento LGBT.
L’assoluta somiglianza delle argomentazioni, persino la comune abitudine ad inventare dati statistici privi di fondamento e circostanze fasulle, la comune tendenza a negare il fenomeno della violenza sulle donne e minimizzare la pedofilia e l’incesto ed a riferirsi ad un inesistente lobby o complotto femminista e omosessuale per minare “i valori della famiglia” , uniti ad un massivo cyberbullismo, non sono che caratteristiche comuni che provano l’adesione ad un sistema già collaudato altrove.
Perché questo fenomeno?
Tanto per cominciare, ricordiamo nuovamente che essi non rappresentano affatto la categoria dei padri separati ma piuttosto rappresentano i nostalgici del patriarcato, ovvero i nostalgici del potere indiscusso del solo padre all’interno della famiglia, i nostalgici dell’idea della famiglia come proprietà maschile.
I padri separati sono piuttosto un pretesto per veicolare il neomaschilismo, cioè il movimento di reazione contro l’equiparazione dei diritti.
Trattandosi di un movimento nettamente reazionario e non progressista, naturalmente non rappresenta tutti quegli uomini e quelle persone che nella suddivisione dei compiti e nella parificazione dei diritti hanno trovato vantaggi e non rappresenta tutti coloro che ritengono il maschilismo un atteggiamento deprecabile, mirato a mantenere la disparità di potere tra uomo e donna a favore dell’uomo ed il sistema di discriminazioni che concede al solo essere umano maschile, eterosessuale, preferibilmente bianco, benestante, conservatore, la fetta di potere maggiore.
Possibile mai, quindi, che in ogni nazione occidentale i padri separati vivano le stesse presunte ingiustizie che denunciano? Non è possibile che in ogni nazione ci siano le stesse ingiustizie normative, vi pare?
Quindi la loro lamentela non è verso questa legge o quest’altra ma verso un sistema comune a queste nazioni.
Cosa hanno in comune le nazioni occidentali in cui è nato questo fenomeno? Ad accomunarle è la condizione della donna. Ovvero, la conquista dei diritti delle donne.
Non vedrete un solo padre separato lamentarsi in Afghanistan, Iran, Pakistan ed in ogni nazione islamica non moderata mentre vedrete troppo spesso padri separati indicare l’islam estremista come modello ideale.
Inoltre, certamente non sono assolutamente tutti padri separati, anzi, questi sono una ristretta minoranza.
A perorare la causa dei padri separati troverete per lo più uomini singles, utilizzatori di prostitute, ragazzi anche di età giovanile (spesso fragili e confusi dai messaggi contraddittori della società che da una parte dipinge gli uomini come detentori del potere e dall’altra confida sulle capacità femminili), uomini ammogliati e moltissimi uomini con un passato giudiziario discutibile, implicati a vario livello in denunce o cause per violenze ai danni di donne e bambini.
Il movimento, quindi, fornisce asilo ed una prospettiva di difesa ad ogni uomo che si sia visto denunciare per ogni forma di abuso su donne o bambini.
Quindi, riassumendo, è un movimento basato in primo luogo sull’antifemminismo e che utilizza i metodi del terrorismo di massa, cioè gli stessi metodi usati dalla chiesa cattolica e dal maccartismo per demonizzare il comunismo, quindi è basato sulla diffamazione del femminismo e tenta di indurre un fenomeno di isterismo di massa che induca all’abbandono del femminismo ed a riportare le donne sotto il controllo maschile.
Quindi, un movimento assolutamente illiberale ed antidemocratico, che esercita anche di fatto una repressione furibonda contro le femministe e i profemministi, contro le rivendicazioni di genere anche da parte di omosessuali, lesbiche, trans, intersessuali e via dicendo, e che per aggirare le accuse di sessismo tenta addirittura il capovolgimento della logica e di spacciare per paritarismo il dominio maschile e per antisessismo il maschilismo eterosessuale.
Buona lettura.
Le politiche dei papà separati in Australia… e in Italia. Strategie a confronto.
Posted on 12 novembre 2013 di il ricciocorno schiattoso
Tratto da The politics of fathers’rights activists -Le critiche all’operato dei Tribunali meritano di essere esaminate alla luce dei fatti? di M.C.Dunn
Il testo esamina i contenuti, caratterizzati da hate speech ed estremismo, dei “fathers’ right groups” australiani. Analizza il comportamento e il linguaggio di due dei maggiori gruppi organizzati, lo Shared Parenting Council of Australia (SPCA) e la Fatherhood Foundation (FF), con particolare attenzione ai temi della violenza contro donne e bambini e il modo in cui questo tema entra in relazione con l”assenza del padre”. L’articolo fornisce anche prove di come collettivi organizzati in rete, collegati a questi due gruppi maggiori, incitino all’odio verso le donne e verso coloro che sono percepiti come “sostenitori” delle stesse. Esamina le ragioni che stanno alla base dell’accoglienza che il mondo della politica riserva a questi gruppi, mentre l’odio e il livore che emergono dai loro discorsi vengono completamente ignorati, a detrimento della condizione di donne e bambini.
Nel 1995, quando la Australian Family Law stava per essere modificata, il giudice Nichols, a capo della Family Court of Australia, dichiarò: “Alcuni persone e alcuni politici, con limitate conoscenze degli argomenti in oggetto, si aggrappano a soggetti disfunzionali allo scopo di raggiungere obiettivi apparentemente politici. Questo è l’ultimo disgraziato effetto del progressivo aumento di potere in capo a questi soggetti: non solo il loro comportamento è considerato accettabile, ma suscita simpatie e approvazione da parte dei politici e del Governo. Questa Corte ha fin troppa esperienza del fatto che coloro che muovono quelle critiche si sono comportati in modo tale che le loro critiche non dovrebbero neanche essere prese in considerazione, e mi riferisco ad episodi di violenza contro donne e bambini.”
Il Giudice Nichols era consapevole del fatto che i più ostili critici del sistema giudiziario in tema di diritto di famiglia erano “persone insoddisfatte dell’andamento delle cause che avevano intrapreso in Tribunale, spesso persone chiaramente disturbate”. Inoltre, era consapevole del fatto che quelle stesse persone e i gruppi ai quali queste persone facevano riferimento avevano libero accesso ai corridoi del potere, accesso che ha condotto a riforme che impediscono di intervenire in caso di violenza posta in essere contro donne e bambini.
“Queste persone” ha dichiarato il Giudice Nichols “che dichiarano di difendere i diritti dei padri, in realtà fanno molto poco per la causa. Ci sono diritti legittimi che possono essere rivendicati, ma per una effettiva uguaglianza è importante che nei Tribunali non si adottino atteggiamenti discriminanti né nei confronti degli uomini né nei confronti delle donne.”
Nel 1998 Warwick e Alison Marsh fondano la Fatherhood Foundation (FF) in risposta a quella che percepivano come una “crisi della società” causata dalla mancanza della figura paterna e dall’aumento dei divorzi. A sostenere la loro ascesa è stato l’aggregarsi di alcuni gruppi a sostegno dei diritti dei padri, come il “Fairness in Child Support/Non-Custodial Party” e la “Lone Fathers Association“. L’alleanza con il men’s health network, i gruppi di preghiera cristiani e conservatori e altri gruppi che rivendicano “i diritti degli uomini“, ha fatto in modo che la FF riuscisse a proporre la riforma del diritto di famiglia in modo più strategico. Obiettivo della riforma è rivendicare i diritti dei padri sui bambini, sulla base di contestabili affermazioni quali “troppi uomini si stanno suicidando a causa di un sistema giudiziario sempre a favore delle donne”, una situazione risolvibile solo per mezzo dell’imposizione della shared care.
Con shared care queste organizzazioni intendono una disposizione di legge che stabilisca che, i caso di separazione, i bambini debbano vivere il 50% del tempo con ciascun genitore; quei genitori che non intendono rispettare questo genere di accordo, devono rivolgersi al Tribunale per contestarlo, come spiega Matilda Bawden, portavoce dello Shared Parenting Council of Australia (SPCA): “Entrambi i genitori hanno il diritto di mantenere contatti con la prole con tempi paritetici e coloro che ritengono che questo non sia nel superiore interesse del minore debbono contestare l’affido condiviso in Tribunale”: ma le circostanze in cui un simile accordo è contestabile, da questi soggetti, non sono mai state chiarite.
E’ importante stabilire il corretto significato di shared care, perché mentre per questi gruppi il termine va interpretato come paritetica permanenza presso ciascun genitore, il Family Law Act modicato nel 1996 chiarisce che con “affido condiviso” si intende equamente condiviso non il minore, ma la responsabilità genitoriale nei suoi confronti: entrambi i genitori sono ugualmente responsabili del suo benessere ed è solo il benessere del minore (non le rivendicazioni dei genitori) il criterio sulla base del quale stipulare degli accordi che stabiliscano come e dove debba risiedere.
E’ a partire dal 2002 che i maggiori esponenti della FRAO (Fathers Rights Activist Organization) cominciano ad usare la più ambigua denominazione “Shared Parenting Council of Australia” (SPCA), con l’intento di proporsi come movimento supportato anche dalle donne (donne di solito rappresentate prevalentemente da seconde mogli o nonne paterne).Mentre la Fatherhood Foundation è caratterizzata da un nucleo fondamentalista cattolico, che pone particolare enfasi sul ruolo determinante del padre all’interno della famiglia, lo Shared Parenting Council of Australia si propone a sostegno dei diritti del genitore “non collocatario” (quello che normalmente risiede meno tempo col minore), ma sono molti gli attivisti che compaiono in entrambe le organizzazioni o si spostano da una all’altra. Entrambe, comunque, sostengono la medesima riforma del diritto di famiglia, che richiede un equa divisione dei tempi di permanenza del minore presso i genitori, ma rivendica anche il diritto degli uomini su beni e proprietà condivisi in constanza di matrimonio e contesta gli ammortizzatori sociali a favore delle famiglie monogenitoriali.