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giovedì 20 giugno 2013

La relazione dell’OMS sul femmicidio che ancora una volta smentisce i negazionisti


Quasi tutti i commentari degli spazi che parlano di donne sono presi di mira da branchi di “attivisti per i diritti dei maschilisti piagnucolosi, vittimisti, infantili e prepotenti”, collezionisti di profili falsi che continuano ad usare il trucco del “fake influencer” per sdoppiarsi, triplicarsi, quadruplicarsi e tentare così di annegare le statistiche sul femminicidio.
Il commentario del Fatto Quotidiano è uno dei più appestati, al punto da rendere impossibile ogni scambio normale tra persone comuni. Commentatori e commentatrici “normali” sono in fuga perché la violenza verbale ottiene sempre il suo scopo di scoraggiare le persone che amano poco l’aggressività.
Quello ormai è territorio dei prepotenti che si organizzano in gruppi sui social network dove si fomentano a vicenda raccontandosi di quella volta che la perfida ex moglie osò denunciarli per un piccolo, innocente, pugno in faccia e via così. Sono personaggi convinti che la vera violenza stia nella denuncia e non nell’atto che ha provocato la denuncia, tanto per loro la violenza sulle donne non esiste e se esiste è meritata.
Sbucano puntualmente in difesa di assassini e stupratori anche condannati in via definitiva ma guai poi a chiamarli complici o a sospettare della loro empatia verso pedofili, stupratori ed assassini, altrimenti si viene insultat*, accusat*, diffamat*, copert* di escrementi del pensiero di qualche aspirante starlette del post-femminismo che con questi ci ha collaborato e forse ha guadagnato visibilità e maggiore tranquillità nel passare dalla parte delle vittime alla parte degli squadristi del patriarcato.
Per non dare loro altro spazio, ribloggo un interessante post di Donne di Fatto, la “quota rosa” del Fatto Quotidiano e approfitto per sollecitare una migliore moderazione dei commenti da parte dello staff perché non ha senso  destinare uno spazio alla questione femminile se questo spazio è poi reso impraticabile.

L’articolo riporta una ricerca dell’OMS pubblicata su The Lancet, prestigiosa rivista medica internazionale, alla quale sono dedicati un articolo, un’analisi, un editoriale ed un podcast.
Una delle obiezioni dei commentatori mascolinisti è che l’OMS non nomini il femminicidio. Il fatto che l’OMS non definisca “femminicidio” l’uccisione di donne in quanto donne non vuol dire che ne neghi l’esistenza. Il femminicidio è una categoria criminologica che, pur esistendo da tempo immemore, solo di recente è stata analizzata, estrapolata e presentata al pubblico.
Consiste ugualmente in una sottocategoria dell’omicidio e in una sottocategoria dell’omicidio dove la vittima è di sesso femminile. Il termine “sottocategoria” non deve farci pensare ad una minore importanza ma solo ad una classificazione della tipologia dei delitti.
Ora, non importa che l’OMS lo chiami femicidio o femminicidio o omicidio. L’importante è che arrivi un’altra conferma delle proporzioni della violenza sulle donne nel mondo e di come questa violenza sia perpetrata in misura preponderante come ritorsione da partners ed ex partners mentre, al contrario, la percentuale della violenza femminile sugli uomini perpetrata da partners ed ex partners è inferiore di ben 6 volte. L’articolo conclude precisando anche che la percentuale è calcolata per difetto, venendo spesso a mancare notizia dei legami tra assassino e vittima. Io ricordo che il femminicidio resta l’assassinio della donna in quanto donna, quindi non solo ad opera di partners ed ex partners ma anche ad opera di sconosciuti se il delitto è la conseguenza di uno stupro o se è commesso nei confronti di una prostituta. Rientrano nel femminicidio anche il neonaticidio e l’infanticidio delle bambine, in poche parole ogni delitto che colpisca una donna sulla base della sua collocazione obbligata determinata dalla sua subordinazione al mondo patriarcale.
La ricerca è integrata da un pdf e accompagnata da una nutrita bibliografia nella quale compare più volte il termine “femicide”.
La ricerca è completamente accessibile solo agli utenti registrati al sito della rivista.

domenica 16 giugno 2013

Gli uomini (maschi) che chiedono la depenalizzazione di stupro di branco e femminicidio



Segnalazione:
Un articolo su un quotidiano online (che non riporto per tutela assoluta della privacy) racconta dell’esecuzione sommaria di due (tre secondo altre fonti) presunti stupratori ed assassini di una donna ragazza messicana di 24 anni, Fidencia Sántiz Lopez, originaria di Oxchuc.
Potete immaginare sotto l’articolo la massa di commenti del più feroce forcaiolismo.
Sì, hanno stuprato in gruppo e poi ucciso una ragazza di 24 anni. Non so immaginare niente di più tremendo perché è uno dei milioni di femminicidi del mondo, tutti simili tra loro.
Mi immedesimo, io sento il terrore di questa ragazza che è lì, umiliata, violata, picchiata, terrorizzata…terrorizzata…cosa dev’essere morire con il terrore negli occhi, nella testa, morire durante o dopo uno stupro, per di più uno stupro di branco?
Tanti invocano la pena di morte, tanti invocano lo stesso dolore. Altrettanti invocano la civiltà sulla barbarie, invocano di non macchiarsi degli stessi crimini di quei due o tre mostri.
Mostri presunti perché sono stati individuati come gli autori del femminicidio dalla gente locale e non hanno ricevuto neppure un processo. È lecito chiedersi se fossero davvero i colpevoli. I colpevoli perché uno stupro di branco con femminicidio non si simula. Non si può fingere di essere morte e davanti ad anche un medico non si può fingere neppure uno stupro di branco. Quindi il crimine c’è stato, resta solo da provarne le vere responsabilità e forse non si potrà mai più.

Tra tutti i commenti salta fuori questo.
Drag-ed

Sarò buonissima. Nonostante sia un commento pubblico in un articolo pubblico, copro il nome per tutelarlo da altre possibili gogne ma sono andata a vedere il profilo di questo signore ed è iscritto ai peggiori gruppi machovittimisti di Facebook, in ottima compagnia con i peggiori soggetti invasati di fanatismo misogino, di rancore, di odio, della convinzione di essere angariati dalle ex mogli,  dalle ex fidanzate che hanno osato violare la loro maestà. Insomma, parlo della solita banda di talebani italiani, quelli che vivono per negare i dati sulle violenze e anteporre i loro graffietti e le loro angosce finanziarie ai cadaveri di donne disseminati in giro dai loro degni compari.
Degni compari sì perché sono da loro difesi, come in questo caso.

Mr X dice di non essere una bestia e sicuramente non sarà crocifisso da post-femministe per avere usato un termine specista. Non sono state altrettanto fortunate persone di gran lunga più civili che hanno osato indignarsi a caldo per una notizia di violenza, purtroppo. 
Lui non è una bestia. Lui è così civile che invoca la coalizione maschile contro le donne stuprate e uccise. Pensate un po’ se fosse stato incivile cosa avrebbe scritto!
Ad ogni modo nemmeno per me è una bestia. Per me è peggio.
Chiede la solidarietà reciproca degli uomini (maschi), cioè degli uomini maschilisti contrapposti agli uomini che condannano la violenza sulle donne e che da questi estremisti sono definiti uomini-femmina (mettetelo tra parentesi o col trattino, come vi pare). La chiede sotto la notizia del linciaggio di tre presunti stupratori di branco che hanno ucciso una ragazza di 24 anni dopo averla torturata (perché lo stupro è quello,  non è piacevole come s’immaginano gli aspiranti stupratori). Invoca la solidarietà maschile contro il genere femminile, reo di essere troppo difeso, secondo lui, al punto che uno stupro è considerato peggio dell’omicidio. Questa è la percezione mascolinista dello stupro: i mascolinisti pensano davvero che lo stupro sia punito con pene superiori all’omicidio. Questa è la percezione mascolinista di uno stupro di branco. Per il mascolinista anche lo stupro di branco è una passeggiata di salute per una donna. “E poi le punizioni vengono fomentate dalle stesse donne che mai come oggi agiscono nell’impunità più totale”, cioè secondo lui lo stupro non c’è stato. Anche questa volta la malefica creatura del demonio, la femmina, sarebbe riuscita a far cascare tutti nel suo malvagio tranello e a farsi passare per morta uccisa.
Non gli sovviene neppure che la società sia già creata e gestita a misura di uomo maschio. Non gli sovviene che per millenni la donna sia stata trattata alla stregua di un animale domestico. Non gli sovviene neppure che questi stupratori si sono uniti nel buon nome del maschilismo, come altri branchi di stupratori fanno ogni giorno in qualche zona del mondo, in pace come in guerra.
Non gli sovviene che quello sia il Messico, famoso per Ciudad Juarez e la sua sfilza di centinaia di croci rosa.

Quindi, uomini maschi, unitevi per la depenalizzazione dello stupro di branco e del femminicidio in nome della solidarietà maschile e di una resistenza contro lo strapotere delle donne, che osano farsi passare per stuprate e ammazzate continuamente. Depenalizzate la violenza sulle donne e il femminicidio, unitevi nella vostra guerra contro il comune nemico.
E che cazzo, non si può manco più prendere una fighetta sfrontata dalla strada, sbatterla a terra, spogliarla, picchiarla, stuprarla tutti insieme e poi ammazzarla! E  che inciviltà è mai questa! S’è mai visto tanto strapotere femminile? Questo scempio deve cessare. Le donne devono capire che lo stupro e il femminicidio sono dovuti all’uomo maschio e non vanno denunciati, anzi, se si sopravvive, tanti complimenti per la splendida prestazione erotica e magari pure lo scambio di numeri di telefono.

Ne deduco che quando gli stessi personaggi mi augurarono lo stupro di branco mi stessero mandando un complimento.

E poi dicono che noi ne parliamo male…

lunedì 3 giugno 2013

Le Iene sullo stupro: questa non è informazione, è violenza. Direttore, rispondi

Aderisco all’iniziativa de La rete delle reti femminili. E pubblico:
Al Direttore di rete Luca Tiraboschi
E, per conoscenza: Redazione di Le Iene • redazioneiene@mediaset.it
SLC – Sindacato dei Lavoratori della Comunicazione • segreteria.nazionale@slc.cgil.it
al segretario Francesco Aufieri
Egregio Direttore,
ultimamente un notissimo programma di intrattenimento e informazione di Italia1, Le Iene, reso molto popolare da servizi di denuncia che portano alla luce episodi di ingiustizie, truffe e corruzione, si è reso (inaspettatamente) portatore di contenuti fuorvianti e pericolosi riguardo alla percezione del tragico fenomeno della violenza di genere.
Al punto di raccogliere l’idea, sostenuta da alcuni, che le denunce presentate dalle donne contro violenze sessuali e domestiche, o atti di pedofilia, sia in gran parte “falsa”, addirittura indotta da un presunto malcostume femminile di denunciare “falsi abusi” al puro scopo di fare dispetti a persone di sesso maschile o di ricattare i rispettivi compagni.
Un’idea rivoltante, che nessun riscontro ha nella realtà, e che comporta il gravissimo pericolo di alzare ulteriormente il tasso di misoginia in un paese che vanta già un tristissimo primato nel continuo susseguirsi di femminicidi.
Un’idea che fa capolino anche in un servizio dall’eloquente titolo “Stupro.. o sesso?”
http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/392733/casciari-sesso-o-stupro-.html
presentato nella puntata del 2 giugno, in cui si mette in dubbio una sentenza di colpevolezza per stupro aggravato, senza alcun elemento serio. Dunque sulla base di cosa? Del parere dei due condannati.
Un servizio che ci ha profondamente indignato. I due uomini, condannati a 5 anni per stupro di gruppo e lesioni personali aggravate, hanno potuto dichiarare, davanti a milioni di persone, che la sentenza è persecutoria in quanto basata praticamente sul nulla: loro sono innocenti, in quanto adescati da una donna che ha richiesto di far sesso con loro. Cioè il quadro è esattamente lo stesso fornito eternamente dagli accusati, in tutti i processi per stupro che si rispettino: le vere vittime sono loro, mentre il colpevole è chi denuncia lo stupro. Una donna colpevole di calunnia e di avere ingiustamente devastato la loro vita di bravi ragazzi e lavoratori.
In nessun conto sono tenute le lesioni riscontrate dalla vittima al pronto soccorso: abrasioni agli arti, ecchimosi diffuse in tutto il corpo e sul volto. Secondo l’autorevole parere degli intervistati la ragazza se li è procurati nella passione di un atto consenziente: girandosi più volte nell’erba, e poi stava carponi sul terreno, è normale che avesse dei graffietti sulle ginocchia.
E perché la ragazza avrebbe deciso di affrontare un processo per stupro?
perché il giorno dopo si sarà pentita: di cosa? della sua intraprendenza sessuale, e avrà voluto dimostrare che non era colpa sua, andando così a denunciare i due sconosciuti al solo scopo di danneggiarli.
E cosa avrebbe giustificato un servizio che, oltre a colpevolizzare una vittima, infanga il lungo e paziente lavoro degli inquirenti? Inesistenti risvolti oscuri.
In conclusione, il conduttore commenta la vicenda adombrando che questa sentenza non convince, e conclude dicendo: non esprimiamo giudizi, ma aspettiamo l’esito del processo di appello.
Si, anche noi. Con fiducia verso la magistratura, che non pensiamo metta in atto strategie persecutorie verso il genere maschile.
Ultimo, e non meno importante: i processi si devono fare solo nelle aule di giustizia, dove sono valutati gli elementi reali per farli. Non in tv, per giunta dando la parola ai soli accusati.
Ferme tutte le garanzie costituzionali a difesa degli imputati e delle vittime, la giustizia “fai da te” suggerita in questo servizio delle Iene è inaccettabile nella tesi adombrata, e anche nel metodo, gravemente scorretto.
Pensiamo che il programma e i responsabili di rete si debbano scusare, e sconfessare senza reticenze simili contenuti e la filosofia che vi è sottesa.
Noi, invitando a una maggiore vigilanza nella qualità dei messaggi, e negli esiti che possono avere, chiediamo le scuse formali del programma e dei responsabili di rete.
3 giugno 2013
LE IENE-LO STUPRO