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mercoledì 6 aprile 2011

Scandaloso: anche sulla rai si giustifica il diritto al femminicidio

giancarlo_magalliForse noi donne non siamo la metà del Paese. Forse le nostre tasse non contano, forse alla Rai non arriva neppure il gettito dei canoni sottoscritti da noi. Eppure io lo pago puntualmente, nonostante ormai io e la tv non ci incrociamo neppure più in giro per casa.
Ma, mio malgrado, sono colpita dalle segnalazioni sull'uso improprio del mezzo televisivo che con la più assoluta sfacciataggine viene commesso da notte a dì.
Non solo ci stanno impestando di trasmissioni per i soli diritti dei padri separati, intervistati senza uno straccio di contrappeso, lasciati liberi di raccontare la loro separazione ipervittimisticamente, a modo loro, e di dipingere le ex mogli come arpie malefiche e poi tocca spulciare qualche giornale per trovare la replica di suddette signore che smentiscono miseramente le versioni egocentriche ed unilaterali spiegando spesso che sono i padri a dimenticare di telefonare ai figli anche per i loro compleanni.
Non solo l'immagine femminile sulla tv di Stato è piombata ai livelli tristissimi della famosa televisione privata, con larga esibizione di donne seminude, mute e trattate come stupidi fantocci.
Che altro ci dovevamo aspettare?
Addirittura un famosissimo presentatore televisivo che giustifica gli uomini rifiutati che davanti alle offese verbali di una donna sarebbero giustificati nei loro raptus omicidi.

Troviamo di seguito l'articolo-denuncia uscito dalla penna di Flavia Amabile su La Stampa e il link al quale visionare lo spezzone che vede Giancarlo Magalli esibirsi nella comprensione degli assassini.

Uccide la moglie? Che je voi dì?

La frase pronunciata da Magalli in diretta su Rai Uno durante la trasmissione 'Se a casa di Paola...'

http://www.rai.tv/dl/replaytv/replaytv.html#day=2011-04-04&ch=1&v=58057&vd=2011-04-04&vc=1
Cliccando su questo link si aprirà la trasmissione di 'Se a casa di Paola' di lunedì 4 aprile. Si parlava di delitti a proposito dell'assassinio della contessa Alberica Filo della Torre, e di delitti passionali più in generale.
Conviene seguire la registrazione a partire da 1'05 per rendersi conto di quanto siano radicate le differenze tra uomini e donne nel concepire l'amore e le sue degenerazioni. Ma il bello arriva a partire da 1'08'40" della trasmissione, quando Magalli pronuncia la sua assoluzione dell'uomo rifiutato che decide di ammazzare la donna che lo "provoca" perché esiste l'attenuante della "provocazione". E, dunque, "che je voi dì?"
Il tutto in diretta televisiva, alle tre e venti del pomeriggio, su Rai Uno

Flavia Amabile

Uccide la moglie? Che je voi dì? - LASTAMPA.it

Vorrei parlare con Magalli, fargli arrivare un paio di piccole osservazioni che sembrano non averlo toccato minimamente durante le sue esternazioni poco prudenti. Mi voglio immaginare capace di fare arrivare a lui le mie parole. E allora:

Caro Giancarlo,

forse non ti sovviene che anche le donne vengono lasciate, rifiutate. Forse ti sfugge che le donne vengono tradite ancora in misura maggiore degli uomini. Forse ti sfuggono i milioni di donne che vengono sfruttate sessualmente come prostitute, concubine, lavoratrici in nero, schiave o i milioni di donne che vengono sfruttate completamente quando si rassegnano a fare le mogli che non chiedono di più e chiudono gli occhi davanti alle continue scappatelle dei mariti. Forse ti sfuggono le donne stuprate, ingannate, maltrattate, offese, che non reagiscono e vengono anche colpevolizzate in tribunale, diffamate nei loro paesi di origine.
Forse ti sfugge che vengono uccise mediamente 130 donne all'anno, solo in Italia, contro una decina scarsa di uomini uccisi da donne. Forse ti sfugge che non servono affatto le tue giustificazioni per spingere un uomo ad uccidere una donna. Di solito quelli che hanno intenzione di farlo ci riescono benissimo, anche quando sono agli arresti domiciliari o quando vengono scarcerati dopo una condanna per stalking, violenza sessuale o tentato omicidio. Forse ti sfugge che la maggioranza degli assassini di donne non si pente mai perché nel loro patologico narcisismo (che è la vera molla principale per l'esplosione della violenza maschile) riterranno sempre che sia giusto lavare nel sangue l'onta di un rifiuto o di un abbandono. Forse ti sfugge che questo meccanismo è alla base anche della mafia ed è la molla scatenante per qualsiasi genere di vendetta per qualsiasi tipo di offesa.

Forse la tua giustificazione viene dal punto di vista di un uomo che ha sempre dovuto lottare per superare il senso di disagio e lo scarso successo in amore dovuto ad un aspetto fisico non proprio canonico. E allora? Forse che noi donne non siamo quelle che maggiormente sanno cosa voglia dire non rientrare in canoni estetici, non piacere a se stesse e non piacere agli altri? Ne abbiamo mai fatto un motivo di rancore personale tale da indurci a crederci in credito con la vita e in diritto di assassinare chi ci ferisce nell'orgoglio?

Infine, ti parlo dal mio punto di vista, dalla mia esperienza personale: quando ero una bambina ero il tipico maschiaccio. Facevo la lotta, picchiavo anche gli altri maschietti perché la stazza ancora me lo consentiva, visto che i nostri corpi non avevano subìto le differenziazioni che avvengono dopo la pubertà e che la mia muscolatura contava esattamente come la muscolatura di un qualsiasi altro bambino alto e pesante quanto me. L'approccio corporeo al mondo è più che naturale nell'infanzia e lottare per gioco è né più né meno quello che fanno tutti i cuccioli.
Ma noi non siamo più solo animali e così i miei genitori non hanno mai smesso di dirmi che non si risponde con le mani ad un'offesa verbale. Chi ti insulta va contrastato con la parola, col ragionamento, con l'ironia, con la psicologia. Chi ti insulta va, come si dice colloquialmente, "smontato" e non fisicamente ma col ragionamento.
I miei genitori mi hanno insegnato questo e sono cresciuta convinta che fosse ciò che tutti i bambini imparano.
Sono diventata, quindi, in breve tempo e già prima della pubertà, una persona che rifugge la violenza e che non riesce, senza tremendi sensi di colpa, neppure ad assestare uno schiaffo credibile. Motivo per cui evito la violenza come eviterei la peste.
Sono diventata una persona che conta sulla parola, sulla psicologia e sull'ironia, per farsi valere.
Al più, quando replicare è difficile, frustrante o inutile, io volto le spalle e vado via con una bella, classicissima, intramontabile sbattuta di porta.
Vuoi mettere il gusto di sbattere una porta piuttosto che il piantare un coltello in una pancia?
Vuoi mettere il gusto di mostrare superiorità abbandonando sdegnosamente colui o colei che ci ha insultati?
Come sono stati educati gli uomini che agli insulti rispondono con l'omicidio?
E come è stato educato un uomo che trova comprensibile che agli insulti si risponda con l'omicidio?
Come mai io ho scelto di impegnarmi per tentare di salvare qualche vita e c'è chi si impegna per trovare una giustificazione a chi le vite le interrompe per sempre?

C'è chi con la non violenza ha portato avanti delle rivoluzioni.
Il mito di alcuni è Gandhi. Evidentemente, il mito di altri è Mike Tyson.