Ma, dico io, come si fa a paragonare Carlo Giuliani alle donne uccise dai figli malati di mente?
Carlo Giuliani non è stato ucciso in quanto maschio. Al suo posto poteva esserci una donna, com'è già capitato a Giorgiana Masi.
Quando la vittima può essere indifferentemente uomo, donna, (e non intendo necessariamente eteorsessuali), minotauro, manticora o chimera, non è "femminicidio".
Il "femminicidio" non è un brand. Se qualcuno sta tentando di farcelo diventare, la colpa non è delle femministe (che non sono donniste, a proposito. Donnista è la Santanché. Se mi si dà della donnista lo si fa perché mi si vuole chiaramente e sfacciatamente insultare, sminuire, delegittimare, sovradeterminare. E io lo considero un insulto, anche perché so da dove viene e quanto disprezzo coli su chi appare tra i piedi sulla strada verso la fama).
Se adesso si arriva persino alla negazione del femminicidio solo per fare un dispetto puerile ad altre donne considerate "rivali" (la rivalità è tutta negli occhi delle malate di protagonismo che la vedono, quelle che la diffamazione subita da altre donne la chiamano "microfama", arrivando ad invidiarti persino quando il tuo nome è rubato e diffuso in rete accostato a gigantesche bugie e pestaggi virtuali con auguri di stupro di gruppo, e poi ti danno della diffamatrice senza uno straccio di base perché pensano che tanto tu non quereli e se lo fai sono già pronte a darti dell' "autoritaria"), vuol dire che il fondo è arrivato.
Femminicidio è la negazione sistematica della persona femminile attraverso violenza fisica, verbale, sociale. Femmicidio è l'assassinio fisico. In entrambi i casi connota una persecuzione, voluta o consequenziale, verso la donna (etero o lesbo o bisex o asessuata, neonata, bambina, ragazzina, adulta, anziana) in base ai ruoli che all'essere umano femminile sono stati imposti fin dalla notte dei tempi. Anche il ruolo di cura.
Da nessuna parte ho scritto o contato come femminicidio il pazzo X che incontra la donna Y e la fa fuori in strada. Mi pare ovvio che il pazzo X non risponda delle proprie azioni e scelga la vittima a caso (tranne casi particolari perché non sono una sputasentenze. A me piace analizzare, ricevere e sono una possibilista).
Ho elencato madri uccise da figli con problemi psichiatrici perché quando un malato psichiatrico è abbandonato dallo Stato perché tanto c’è la mamma, cari miei e care mie, questo è pure un femminicidio annunciato.
In questo anno non ci sono stati pazzi X che abbiano ucciso donne Y.
Ci sono stati figli malati che hanno ucciso madri che facevano loro da infermiere obbligate.
Del resto la critica viene da chi ha dato per scontato che Vantaggiato avesse messo la bomba con il preciso scopo di fare vittime femminili, per non parlare dei casi di suicidi femminili fatti passare per femminicidi e corretti dopo l’invio di un mio messaggio.
Sì, perché evidentemente c’è chi sa scrivere ma non sa leggere.
Il populismo sta distorcendo il senso di questi concetti, troppo elaborati per arrivare alle scalette degli autori televisivi.
Il populismo sta strumentalizzando e trasformando il femminicidio solo nell'assassinio della donna per mano del partner.
Il possesso del partner non è una definizione del femminicidio ma una delle sue accezioni.
È femminicidio pure lo sterminio delle neonate in Cina.
Il neo-mascolinismo, invece, lo nega completamente, chiudendo gli occhi davanti ad un fenomeno globale con cifre che sono lì, innegabili, a meno che non le si voglia negare di proposito.
Non ci facciamo cambiare le carte in tavola da nessuno anche perché non riconosciamo l'autorità di chi ci prova, seppure tenti disperatamente di imporcela e al contempo ci chiami "autoritariste" per il furbissimo stratagemma dell'anticipare agli altri i propri difetti (insomma, la solita storia della gallina che canta perché ha fatto l'uovo).
Un tempo anche qualcuna, che oggi nega, usava le stesse definizioni nello stesso modo ed il fatto che poi abbia compiuto una rivoluzione a 90° non significa che debbano piegarsi anche tutt* gli altri e le altre.
Un tempo anche chi oggi ci sta usando per inventarsi un nemico immaginario, con tecniche comunicative da propaganda dittatoriale, parlava del ruolo obbligato che assegna alle donne la cura dei parenti malati.
Le cose non sono cambiate in pochi mesi. La realtà non è mutata. È mutato chi ne parla.
Non ci importa un bel fico secco delle sue metamorfosi, noi riconosciamo la sua autonomia, ma non vogliamo che le scorie residue della sua trasformazione siano stoccate nel nostro campo.
Noi pretendiamo IL RISPETTO della nostra autodeterminazione.
Siamo state in silenzio anche troppo a lungo a farci usare come spauracchi immaginari, raccontare per come non siamo.
Ogni due per tre ci tocca leggere che vorremmo togliere la tutela alle prostitute autodeterminate o che ci sentiamo "donne per bene" e altre orrende e volontarie distorsioni, che poi vanno a colpire anche le sopravvissute della prostituzione che raccontano una versione che non piace a chi ha generato le fazioni e nutre la contrapposizione.
E che si prendano le proprie responsabilità perché è tutto lì, nero su bianco e non si può negare come ogni santa cosa sia stata distorta e usata contro gruppi, singoli, categorie, accomunati su basi immaginarie o forzose e etichettate con la prepotenza.
Ogni due per tre siamo accomunate a persone o cose con cui non abbiamo nulla a che fare e alle smentite non segue correzione né scuse.
Nessuno deve tentare di costruirsi un castello sulle macerie del nostro perché noi esistiamo, siamo vive, parliamo, pensiamo, siamo autonome e se anche non la si pensasse allo stesso modo, avremmo il pieno, totale diritto di farlo senza dovere per questo essere costantemente dileggiate, deprezzate, distorte, usate, strumentalizzate, almeno tre volte al giorno su più blog differenti con toni odiosi, strabordanti di insopportabile presunzione e superbia. Perché, mi si deve spiegare, perché ci sarebbe una sola signora autodeterminata davanti ad una massa di ancelle fornite di altri titoli dall’intento assolutamente dispregiativo?
Quello che salta agli occhi di sempre più persone (sì, perché sempre di più ogni giorno manifestano perplessità) è il tentativo di dipingere uno scenario equivalente ad una discarica pubblica ove si stagli, immacolata, la figura di una sola. E non credo alle avvocate della difesa. Non credo proprio alla loro esistenza. Non ci credo perché troppe prove ho avuto di sdoppiamenti e moltiplicazioni continue dell’identità di chi giurava e spergiurava di non essere su Facebook.
Non ho alcun problema ad interagire e rapportarmi con persone con idee differenti dalle mie. L’importante è che il confronto sia sincero, non sia una scusa per lo sfogo di complessi adolescenziali ridicoli in donne ultraquarantenni e persino quasi cinquantenni che additano l’età altrui come una colpa e non guardano mai nella propria bisaccia.
Non ho problemi, ripeto, il confronto l’ho fatto e lo faccio ma solo quando ci sia onestà intellettuale e non quando ti segano le parole in bocca, quando ogni cosa che fai o che dici viene usata contro di te, quando dall’altra parte pare ci sia una ricevente o un ricevente in posizioni da pugile.
E non mi fate ridere con l’ipocritissima proposta di confronto privato perché (almeno io) ho sempre replicato privatamente per non lavare i panni privati in pubblico, ho sempre chiesto: “Per caso parli di me? Ce l’hai con me? Ho fatto qualcosa che ti ha dato fastidio?” . Qualche volta, con grandissima maleducazione, non ho neppure ricevuto risposta. Altre volte ho dovuto constatare che, preso di petto, chi ti attacca pubblicamente in modo vile riferendosi a te trasversalmente, senza assumersi la responsabilità piena delle accuse che ti fa (ma soprattutto senza concederti la replica, la tua versione dei fatti o la smentita) ma prendendosi tutta la solidarietà di chi non ha la minima idea della situazione, diventa piccino picciò, arriva a leccarti…l’ego, a negare l’evidenza e tentare di tenerti buona con i biscotti per cani e un pat pat sulla testa.
E con questo metodo orrendo sono anni che si creano fratture tra le attiviste.
Con questo orrendo metodo della regina che concede gli onori ed i disonori, ho perso amicizie.
Come ci si può montare la testa al punto di pretendere di sapere tutto di inesistenti retroscena e poi nicchiare davanti alle smentite di persone tirate in ballo in ridicoli complotti immaginari?
È veramente uno schifo che da quando ho deciso di impiegare il mio tempo in una causa che conoscevo e in cui credevo e sulla quale non ho avuto alcuna illuminazione da alcuna divinità del web io debba impiegare almeno un quarto del tempo a smentire illazioni, accuse, attacchi squadristi, e vere gogne, non gogne immaginarie e urlate ai quattro venti.
Avevo messo in conto la persecuzione dei mascolinisti ma mai avrei immaginato di dover temere il fuoco amico, cioè il fuoco che ritenevo amico ma amico non lo era neppure prima.
Pare che chi urli più forte e dal blog più forte abbia più ragione di chi non ha i mezzi per raggiungere tutte le persone che hanno letto la favola della bella perseguitata.
Non sono suddita né ancella di nessuno. Ho una mia bella età, ho imparato a fare un sacco di cose da sola fin da piccola, non consento a nessuno di rubarmi la voce.
Men che meno lo consento a chi ciancia di autodeterminazione e poi da anni ti sovradetermina (per usare il suo linguaggio, ma io lo trovo un eufemismo perché quando qualcuno racconta cose di te non vere, si parla di qualcosa di più grave, di uno screditamento intenzionale).
Non esiste alcun fronte anti-PAS, a meno che non si vogliano forzare molto le cose ed accomunare tra loro persone che nemmeno si parlano e che non si sono mai occupate di PAS. L’unica cosa in comune tra tutte le persone che manifestano un civile criticismo verso una lunghissima serie di insopportabili colate di fango è l’indignazione da esse causata. Insomma, a sparare sul mucchio prima o poi il mucchio reagisce. Il mucchio lo hai creato proprio tu.
Proprio in privato (ma tu guarda la combinazione) ho voluto chiarire che il mio nome è stato indebitamente usato per ventilare un appoggio che io non avevo mai concesso.
Non mi pare che sia servito nemmeno questo tentativo.
Così com’è stato censurato un mio commento in cui chiedevo esplicitamente la rimozione di un commento indebitamente estrapolato da un profilo privato e caricato di un significato che non ha.
E me ne sbatto se l’amico avesse la privacy aperta: non sono tenuta ad informarmi sulle impostazioni altrui. Sei tu che sei tenuta a rispettare le mie impostazioni personali.
E sono stata censurata molte e molte volte, prima ancora che sapessero chi ero, proprio dalle reginette dell’anticensura. Non sempre è stato perché avessi fatto nomi. Oh no, ricordo di avere anche fatto notare loro la brutta abitudine di generalizzare le loro condanne verso la violenza maschile.
Una volta proprio in difesa di un mio ex amico, padre separato, che difendevo e che oggi è finito nel clan dei mascolinisti perché è assai facile distorcere le idee di chi patisce un disagio, manipolare e arruolare alla guerra un disperato.
E pensare che oggi mi trovo accusata, a dispetto delle moltissime parole spese proprio contro le generalizzazioni sulla pagina pubblica che gestisco.
E che non mi venga a dare lezioni di legalità chi adatta il significato delle leggi a proprio comodo.
Sono dovuta riemergere dal silenzio in cui sono stata per mesi, lontana dalla rete, lontana da Facebook, per negare l’autorizzazione all’utilizzo del mio nome, che mi pare abbia proprio preso il volo in barba a tutta la mia pretesa di non voler essere protagonista e superstar di niente che riguardi il contrasto alla violenza sulle donne.
Non esistono vendicatori. Non esistono carbonerie. Esisteva un gruppo al quale proprio io avevo invitato a partecipare chi oggi mi offende e persone a lei legate.
Sì, perché chi oggi continua a distorcermi, prima mi rimproverava di essere troppo concentrata su cose stupide e così mi sono concentrata sull’obiettivo che lei indicava. Quando l’ho fatto non andava comunque bene. Poi lei ha cambiato obbiettivo. Too many stars and not enough sky. Non ci possono essere due primedonne sullo stesso palcoscenico.
Ma io non lo sono. Primadonna non sono, non ambisco a citazioni. Sono stata intervistata con le iniziali con cui mi firmavo sulla pagina e in un caso non ho neppure risposto alla richiesta d’intervista.
Io non cerco pubblicità personale, IO.
Il mio nome lo usavo per l’attivismo civico su altre questioni e neppure sapete quanta insistenza e quanti tentativi di tirarmi fuori. Ma quelli erano fatti miei e nulla che incrociasse questa questione.
E nulla che mi preparasse la strada ad un palcoscenico di cui non m’è fregato in passato, figurati alla mia età e con lo stile di vita ritirato che ho!
Mi ritengo una pedina che s’è presa pure l’accusa di essere una capabranco (sempre termini colanti disprezzo, ovviamente) perché mi sono arresa agli attacchi e mi sono arroccata come la torre, a difendere il re. Ho fatto la capra espiatoria.
Da qua ad essere capabranco ce ne passa. Non metto il becco in questioni in cui non mi ritengo ferrata e non sono nemmeno una che si prende addosso progetti che non potrebbe portare avanti. Per la mia natura, tendo molto a delegare. Se attiro l’attenzione è solo per i miei toni assertivi. Ma sono solo toni assertivi.
Se ci fossero stati intenti misteriosi e sovversivi, non avrei scientemente fatto determinati inviti e non si sarebbe verificata poi la delirante fuga di non-notizie che ha determinato una reazione isterica di protezione verso un collettivo che non ho mai nemmeno pensato di spaccare, semmai di coinvolgere tutto intero in un progetto comune. Lo attestano delle mie email ancora esistenti. Lo attestano viaggi e chiacchierate in privato con esponenti del movimento.
Proprio non avevo idea che non ci fosse alcuna intenzione di unire le forze. Proprio non avevo idea che invece si volessero spaccare queste forze e per motivi di protagonismo personale.
Se poi si sono anche spaccati collettivi, la colpa non è certo mia, che ho coltivato serpi in seno.
Ho favorito la diffusione di certi blog. Li ho appoggiati anche quando già mi attaccavano meschinamente, addirittura appigliandosi a miei status privati da loro liberamente interpretati in una specie di delirio di riferimento. Se oggi queste persone godono di particolare visibilità proprio nell’accusarmi di cose inesistenti, paradossalmente è persino merito (o colpa) mio. E non ho ricevuto scuse da chi s’è fatto manipolare e ricattare, da chi è stato messo in guardia da me solo perché si temeva un sorpasso che io non ho mai avuto intenzione di fare.
E se due mie amiche sono state esposte alla gogna perché offese, turbate e da questa gogna sono uscite così ferite e frustrate di non poter avere giustizia e per questo sono giustamente arrabbiate, ne hanno il diritto.
Questo non è cyberstalking. È un atto di prepotenza, di abuso di potere dal quale non ci si è potute difendere.
Che razza di attivismo sarebbe questo?
Sono per caso finiti gli argomenti di cui parlare? Non c’è altro da fare nella vita che sputare veleno ogni sacrosanto giorno, anche tre volte al giorno, su chi fa il proprio lavoro e deve continuamente vedere le proprie frasi rubate, estrapolate, distorte ed usate per contro di lui/lei?
In generale, ogni accusa mossa contro la sottoscritta o altre persone risuona come l’attribuzione altrui di difetti propri. O come l’attribuzione altrui di pecche commesse da altri.
Il costante capovolgimento della realtà dove il diffamato è accusato di essere diffamatore, il perseguitato è accusato di essere il persecutore.
Non voglio nemmeno parlare di a che punto è arrivato l’affronto di privare di solidarietà le vittime e di solidarizzare con gli aggressori. E già, se io avessi appoggiato una misconosciuta portavoce UDC avrei appoggiato fascismi. Tanto valeva appoggiare direttamente i fascisti, quindi!
Il Ricciocorno, oggi, è stata dileggiata per avere ammesso la propria commozione verso la storia di un bambino ucciso dal padre.
Dileggiata. Questa cos’è se non esasperata vendicatività verso chi ha espresso critiche ponderate, articolate, ben costruite e scritte, sui contenuti senza mai andare sul personale?
Perché ci si sente autorizzate a replicare con incredibile livore, con incontenibile allusivo disprezzo, con paragoni intenzionati a deprezzare la persona che ha “osato” dissentire, argomentare con serenità e distacco emotivo? Forse è proprio quello che fa saltare i nervi: il distacco emotivo di cui non si è capaci.
Forse non si è capaci di scrivere alcunché da cui non trapeli una crisi di nervi, un attacco d’ira contenuto a stento, l’intenzione di togliere credito a chi avanza critiche e viene visto come un ostacolo sulla via del successo, del lustro personale.
L’ironia è difficile. Il sarcasmo è una strada facile. L’astio ancora più facile per chi tradisce una lesa maestà.
Ma se si è scelta una strada controversa, impervia e pure irta di trappole, non sarà facendo sacrifici umani che si ingrazierà la sorte.
E certamente non si potrà contare sul sacrificio altrui per distribuire gratificazioni (userei un termine più volgare ma l’imitazione è la più sincera forma di ammirazione e non sono neppure una scimmia) alle associazioni di padri separati o mascolinisti vari.
In poche parole: se scrivi stronzate che mettono a rischio una discussione molto più ampia e condisci queste stronzate di attacchi personali, come pretendi che non ti venga neppure mossa un’obiezione? E non c’è partito preso. Ognuno monda il grano dalla crusca con i propri strumenti.
Ho molte molte altre cose da dire ma sono sicura che non mi verrà fatta mancare l’occasione di dovermi difendere, di dover rivendicare la verità (sì, perché se tu mi racconti, solo io sono detentrice della mia verità. Se tu racconti cose che non sai e che io vivo, solo io posso averne la versione reale).
Ho molte accuse da rispedire al mittente, come le accuse di disumanità, come le accuse di censura, ma non mi piace scrivere lenzuolate illeggibili. Non mi pare questo l’esercizio giusto per fare pratica letteraria, per cui rimando a data da destinarsi.
E con questo abbiamo dato del materiale per il cenacolo dei vittimisti anti-femministi che insultano, augurano la morte e diffondono dati personali (chiedendone persino la verifica) perché della violenza sulle donne non si deve parlare. Loro sì che sono libertari. Loro sì che non rappresentano fascismi. Loro sì che ammettono di essere imperfetti (da che pulpito, poi). Loro, chiamati in causa a parlare di padri separati teorici, anche quando sono solo dei ventenni imbevuti di fanatismo.
Se vogliamo scendere, poi, a nuove sacche sotterranee d’infantilismo, a me non frega veramente niente di essere amata da tutti, né di sbandierare in giro innamoratissimi compagni.
Anzi, io queste cose le percepisco come compensazioni, come disvelamenti di profonde insicurezze e complessi. Chi sa di essere amato o ha un’autostima formata, non snocciola curricula, stellette, medaglie, spalle di fidanzati e attestati vari.
Non ho più dodici anni da un bel pezzo.
Mi dispiace molto di dovere usare questo blog per scopi personali. In fondo, in realtà, nessuno lo sa ma questo blog non doveva neppure esistere. Nessuno sa cosa ho dovuto fare per mantenere in vita una pagina che della gentaglia infame e violenta cercava in ogni modo di chiudere.
E non mi venisse ad accusare di censura chi ha difeso le persone che volevano negarmi l’esistenza.
Lo so che non sono le sole persone a desiderare la mia sparizione dalla rete.
Me ne frega una cippa: ai vostri palcoscenici ci arrivate senza usare il mio cadavere. Finché sono viva, se volete parlare male di me per farvi belli voi ve la dovrete vedere con me.
Dell’utilizzo improprio di questo mezzo mi vergogno sinceramente. Anche per questo motivo non ho voluto replicare ufficialmente fino ad oggi.
Pro-memoria. Femminicidi
lunedì 13 maggio 2013
Autodeterminazione a senso unico: i difetti sono vostri, io sono perfetta
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"[..]madri uccise da figli con problemi psichiatrici perché quando un malato psichiatrico è abbandonato dallo Stato perché tanto c’è la mamma[..]"
RispondiEliminasostituire "famiglia" a "mamma";
non credo che si possa cmq definire femminicidio, ma matricidio, perché la componente madre-figlio supera qualsiasi altra. parlo da persona competente in materia psichiatrica e sociale.
Sì, certo. Famiglia. In qualche caso può anche non esserci la mamma, ovviamente, ma sorelle, padri, fratelli, nonni. Ma un matricidio resta un femminicidio. E in questo caso non lo leggo dal punto di vista del figlio. Un malato di mente può riversare la propria violenza su se stesso ma anche su qualsiasi altra persona verso la quale sviluppi un'ossessione, non necessariamente la madre. Se invece accanto a lui c'è solo la madre o principalmente la madre...
RispondiEliminaResta un femminicidio perché lo Stato, la società impongono alle donne il ruolo primario di cura a vita.
Conosco anche padri che si sono occupati di mogli invalide.
E una madre che aveva ben due figli maschi adulti, entrambi schizofrenici.
Grazie del parere! :)