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lunedì 4 novembre 2013

Maiali pro-prostituzione e «femministe» alquanto confuse


Certamente è frustrante andare contro il colossale mostro del patriarcato, marciare controcorrente, battersi per diritti e poteri minoritari contro i poteri forti, prendersi insulti, passare la vita ad essere demonizzate, ridicolizzate in quanto femministe. Ma mai e poi mai la “punizione” alla quale siamo sottoposte può diventare una comprensibile motivazione per giustificare il salto della quaglia e il passare alle ragioni dei potenti.
Sostenere che l’abolizionismo della prostituzione sia neoproibizionismo è già un’affermazione volta alla denigrazione dell’abolizionismo. Sostenere addirittura che l’abolizionismo sia pro-capitalismo è semplicemente ridicolo come il bue che addita l’asino dandogli del cornuto.
La prostituzione crea un giro mondiale di miliardi di euro e di questi soldi solo una minima parte va alle prostitute. La maggioranza è intascata dalle reti di sfruttamento.
Anche un bambino capirebbe che il corpo diventa un bene impersonale da capitalizzare e che nessuna autodeterminazione può prevedere lo sfruttamento.

Impossibile, quindi, per me non condividere il contenuto di questo pezzo di Maria Rossi.

Maiali pro-prostituzione e «femministe» alquanto confuse

Femminismo, Maschilismo, MR, Prostituzione Add comments

nov 04 2013


di Maria Rossi

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo dal titolo piuttosto scioccante: Il corpo di una donna si può vendere, cui si affiancano le parole: Per scelta.
Osservo anzitutto che ad essere oggetto di compravendita, di alienazione, di espropriazione è solo ed esclusivamente il corpo di una donna, non quello di un uomo; corpo che non si può scindere dalla persona, indipendentemente da quel che ne pensava Decartes. Non si comprende neppure, leggendo il titolo, chi possa attuare la vendita, giacché il verbo impersonale priva la transazione di un soggetto che la realizzi, o meglio, rende gli estranei (i magnaccia?) in grado di compierla. Ne deriva un'estremizzazione del processo di reificazione della donna: mero corpo-oggetto che chiunque (gli sfruttatori della prostituzione?) può immettere sul mercato ...per scelta. Questo è il significato letterale del titolo. Non so se la persona che l'ha scelto se ne sia resa conto. Vorrei però ricordare che circa il 90% delle donne esercita la prostituzione sotto il controllo di una rete di prosseneti che sfrutta e vende, appunto, i loro corpi ai clienti.
L'articolo che sto commentando contesta le politiche francesi che mirano all'abolizione della prostituzione, demonizzando le presunte ispiratrici MacKinnon e Dworkin (in realtà sono miriadi le femministe che condividono queste idee e se proprio dovessi individuare la fonte originaria delle riflessioni sulla prostituzione come istituzione patriarcale la ricercherei nel pensiero di Kate Millet), tacciando le femministe abolizioniste di neoliberismo, di neocolonialismo, di collusione con la borghesia, di paternalismo poliziesco, di conservatorismo e via insultando.
Come numi tutelari, l'autrice dell'articolo, che si definisce femminista, invoca Marcela Iacub, Élisabeth Badinter e persino i famosi 343 autoproclamatisi porci (salauds) (in realtà sono solo 17), firmatari di un manifesto pro mercificazione del corpo altrui, contestato persino dalle iscritte al sindacato delle prostitute: lo STRASS e intitolato Touche pas à ma pute (Giù le mani dalla mia puttana).
Vorrei osservare come il movimento abolizionista in Francia sia in realtà sostenuto dal Partito Socialista e dal Front de Gauche (Federazione del Partito Comunista e del Partito della Sinistra), dagli studenti, soprattutto socialisti e comunisti, universitari e delle scuole superiori, (secondo un sondaggio, il 73% dei ragazzi e delle ragazze francesi è favorevole all'abolizione della prostituzione) e, ovviamente, da femministe di tutte le correnti, inclusa quella anarchica. Alcune di loro si proclamano con orgoglio rivoluzionarie (Penso, per citare un solo esempio, a Les efFRONTé-e-s, la cui segretaria generale è Fatima-Ezzahra Benomar, nata a Rabat, in Marocco). Altro che neocolonialismo, conservatorismo e collusione con il capitalismo e la borghesia!
Chi sono invece le divinità protettrici evocate dall'autrice dell'articolo in questione?
La giurista Marcela Iacub ha difeso appassionatamente dall'accusa di stupro l'ex direttore del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn, con il quale ha intrecciato una tormentata relazione, narrata, dopo la conclusione, in un libro poco gradito all'interessato, da lei definito, per altro, mezzo uomo e mezzo maiale (mi-homme mi-cochon). Iacub è un'accesissima antifemminista. Le è stata affidata una rubrica sul mensile erotico e misogino Lui, una commistione tra Paris Match e Playboy, fondato nel 1963, chiuso negli anni Ottanta e riaperto a settembre da Frédéric Beigbeder, uno dei firmatari del manifesto dei maiali (Touche pas à ma pute). Sul primo numero del mensile, Iacub si inalbera contro la legge che consente alle donne di ottenere il riconoscimento di paternità dei figli. Anziché accettare tranquillamente di restare madri single, femmine scellerate, infatti, pretendono che i compagni si assumano le proprie responsabilità, anche quando sono stati incastrati, ossia, quando sono stati vittime di uno stupro o di un furto di seme. Sì, perché nell'allucinato mondo horror di Marcela Iacub le perfide e diaboliche donne stuprano regolarmente gli uomini e recuperano persino i loro preservativi usati allo scopo di auto inseminarsi con lo sperma dello sfortunato proprietario (s’inséminer avec le liquide du malheureux propriétaire).Un maldestro tentativo di imitare l'ermafroditismo delle lumache? Mah!. Agli uomini non resta quindi che accogliere il caloroso invito di Iacub a farsi sterilizzare o a depositare il proprio sperma nelle banche del seme, per evitare di diventare padri a propria insaputa. Insomma, nell'universo visionario della nostra giurista gli uomini non intervengono mai nella riproduzione, non ne sono minimamente coinvolti. Non ci sono proprio o, se ci sono, vengono stuprati o dormono, nel senso che lasciano improvvidamente incustoditi, alla mercé di mefistofeliche e luciferine femmine, i preziosi contenitori di materiale inseminante (i profilattici usati).
Quanto ad Élisabeth Badinter, soltanto in Italia la ricca ereditiera viene gratificata del titolo di femminista. In Francia le militanti del movimento delle donne le assegnano il posto d'onore tra le compagne di strada dei maschilisti. Aspre critiche riceve anche dalle femministe canadesi ed inglesi. Nel nostro Paese, invece, è apprezzata in ugual misura, in uno stranissimo connubio, da femministe (per le sue posizioni sulla maternità) e da infervorati antifemministi, che sui loro siti pubblicano compiaciuti le sue interviste e stralci del libro La strada degli errori. Alla signora Bleunstein-Blanchet (Badinter è il cognome del marito) si possono tranquillamente attribuire tutti gli epiteti che l'autrice dell'articolo che sto commentando rivolge, a mo' di invettiva, alle femministe abolizioniste, a partire da quello di neocolonialista, nella singolare accezione in cui lo intende la nostra blogger, che indirizza l'insulto a chi in Francia si è dichiarato contrario a consentire alle donne di indossare il velo nei luoghi pubblici. Non solo Badinter sostiene questa posizione, ma esorta pure calorosamente le mussulmane che dimorano in Francia e si ostinano ad indossarlo ad emigrare in Afghanistan o in Arabia Saudita!
A Badinter si possono soprattutto indirizzare le accuse di collusione con la borghesia e con il capitalismo neoliberista rivolte dalla nostra blogger alle femministe abolizioniste. Mi correggo! La signora Badinter non è complice, ma prestigiosa esponente del club dei più facoltosi capitalisti francesi. Dal padre ha ereditato, infatti, la multinazionale Publicis, la terza agenzia pubblicitaria del mondo, che nel 2012 ha realizzato un fatturato di sei miliardi e seicento dieci milioni di euro.  La signora, che è azionista di riferimento e presidente del consiglio di sorveglianza della società, ha incassato l'anno scorso 1,4 miliardi di dollari. Non proprio un'anticapitalista, un'indignata o un'occupy Paris, come potete constatare!