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venerdì 8 ottobre 2010

I dogmi maschilisti

 

mussomadonna Rispondo a questo bellissimo articolo di Femminismo A Sud che ha scatenato inevitabilmente in me ricordi e riflessioni. Conosco perfettamente ciò che viene descritto nel pezzo. Ho in mente decine di situazioni vissute di persona o da altre ragazze cresciute con me. Ho sentito certi discorsi decine di volte. Ho sentito questi discorsi anche da donne ma le motivazioni, in quel caso, erano differenti.

Una volta mia sorella adolescente era ferma a chiacchierare in strada con un amico seduto su un motorino quando arrivò uno dei fratelli di nostra madre e le diede uno schiaffo.

Questo aneddoto mi fu raccontato e divenne un altro motivo di risentimento verso questo zio che adesso non saluto neppure. è la pecora nera della famiglia di mia madre. L’unico ad essersi mangiato tutti i suoi risparmi e finire oberato di debiti, anche nelle epoche d’oro in cui guadagnava a vagonate. Aveva tutti i vizi possibili ma, soprattutto, il gioco e le donne. Ha vissuto da parassita alle nostre spalle per tutta la vita, costringendoci a mantenere persino la sua famiglia (5 figli e moglie) mentre i suoi soldi finivano alle prostitute professioniste che aveva come amanti e finivano persi a carte. La moglie ed i figli lo cacciarono di casa. Non dimenticherò mai lo sguardo atterrito e sconsolato di mio cugino quando, forzata da mia madre che temeva che il fratello finisse sotto un ponte, lo posi davanti ad un aut aut affinché riprendesse il padre in casa. In seguito venni a sapere delle condizioni in cui avevano vissuto tutti loro, senza denaro, senza mai vedere il padre che latitava, umiliati perché costretti ad elemosinare la carità degli altri parenti. Neppure una grave malattia mutò il carattere di mio zio. Finalmente allontanato dall’intero parentado, iniziarono i ricatti affettivi, le pretese di avere l’amore dei figli quando aveva fatto di tutto per perderlo e nulla per guadagnarselo. Minacciava di gettarsi sotto un treno. Alla fine nessuno gli ha creduto. Dopo decenni in ostaggio di un prepotente, ora finalmente la ex famiglia di mio zio sta trovando la pace.

Un’altra esperienza contro il dogma del “padre di famiglia”.

Eppure lui faceva la morale a noi. Noi borghesi, figlie della sorella, benestanti, beneducate, istruite, cresciute in una famiglia di professionisti e proprio per questo chiuse in casa a doppia mandata ed obbligate a mantenere il decoro anche a nome di zii indecorosi.

Mia madre era cresciuta in una famiglia patriarcale, era costretta a lavare i piedi del padre quando tornava da lavoro, era chiusa in casa e sorvegliata a vista dai fratelli, per lei l’oppressione era un naturale stato di cose. Ecco anche perché capisco le donne musulmane che stentano a togliersi il burqa al quale sono abituate.

Persino il portinaio del palazzo di fronte riteneva di avere il diritto di farsi gli affari nostri e valutare a che ora tornassimo a casa e come fossimo abbigliate, noi figlie di professionisti. Il portiere era un po’ rattuso lo percepivi a pelle. Fin da ragazzina ti si sviluppano le antennine per riconoscere i rattusi.

Quindi eravamo segregate e le festicciole tra compagni di classe erano impensabili. Non potevo neppure ricevere telefonate da chi era stato assente a scuola e mi chiedeva l’assegno o un confronto con le traduzioni di latino. Intanto subivo ogni giorno una media di due molestatori sugli autobus affollati. Ricordo le battaglie silenziose con lo zaino per tenere le mani lontane dal mio corpo e quando tornavo a casa sbattevo lo zaino a terra, carica di rabbia frustrata. Erano sempre vestiti in giacca e cravatta i palpeggiatori da autobus.

Divenni una ribelle, cominciai a strappare il diritto a frequentare i miei coetanei maschi, infinite volte più innocui di portinai, vicini di casa, zii e palpeggiatori da autobus.

Non conto le volte che ho sentito da amici maschi, da fidanzati, da zii le raccomandazioni a stare attenta “perché io lo so come sono fatti i maschi”. I maschi che ho frequentato sono stati i primi ad insegnarmi a difendermi da altri maschi. Analizzavano persino i miei fidanzati e me li consigliavano o sconsigliavano.

Viene naturale, allora chiedersi perché “Quando gli conviene sono maiali e sei tu che ti devi regolare di conseguenza. Quando non gli conviene ti dicono che la violenza non è connaturata nel maschio e sei comunque sempre tu che devi comportarti di conseguenza.” come scritto nell’articolo di cui sopra.

Il perché, poi, è semplice: in confidenza, a quattr’occhi, ogni tanto un uomo ammetterà, ammetterà anche le sue bugie, i suoi tradimenti e le volte che ha usato una donna.

Ricordo quando chiesi che necessità ci fosse di illudere le donne sentimentalmente per ottenere un po’ di sesso (posso tranquillamente dire di avere incontrato sulla mia strada almeno 18 uomini su 20 che mi hanno usata anche quando io stessa lanciavo tutti i segnali di disponibilità e complicità e pronunciavo chiari discorsi affinché capissero che non c’era necessità di ingannarmi). Lui mi rispose, con una risata paternalistica e bonaria, che è sempre stato così e sarà sempre così. Lui è un professore di letteratura, battutosi per il femminismo negli anni ‘60 e ‘70. Cultura sconfinata, britannico, ateo. Mica agricoltore siciliano e cattolico! Certe cose sono universali!

Ma guai se ad additare quei difetti è qualcun altro ai loro occhi. L’ottuso orgoglio maschilista che si nasconde in tanti, in troppi, sanguinerà ferito e furibondo.

Ci sono segreti da sussurrare all’orecchio nei chiostri dei monasteri e ci sono dogmi che non si possono toccare pubblicamente, pena il risentimento collettivo, l’etichetta di strega o la neo etichetta di “misandria” perché il maschilismo vuole che i maschi vadano adorati nella loro interezza, con tutte le loro pecche, senza volerli mondare, accettandoli dogmaticamente come la verginità della Madonna.

Non si dica mai che il re è nudo.

Un po’ di autocritica e di rivoluzione interna?

La violenza maschile è un problema di tutti!

 

spranghe E basta, vivaddio! Penso sia da lunga pezza arrivato il momento di fare una riflessione generale sul problema della violenza, dell'aggressività, del sopruso. Autocritica sulla questione umana e su quella maschile nella fattispecie.

Mentre i cervellini asfittici di folle di maschilisti nell'impeto di autoindulgenza spargono notizie sulla violenza DELLE donne che esiste, per carità, ma è statisticamente episodica, ci si dimentica o si fa più verosimilmente finta di dimenticare guerre, missili, sfruttamento della povertà, desertificazione, persecuzione di razze, di ideologie religiose, di ideologie politiche, olocausti, bombe nucleari, cluster bombs, fosforo bianco, nazismo, stalinismo, terrorismo, fanatismo religioso di ogni angolazione della terra, polizia che seda rivolte nel sangue, dittatori sanguinari e poi ancora mafie di tutte le nazioni, criminalità quotidiana, violenza domestica, ultras imbecilli, stragi, sparatorie gratuite, eccetera eccetera.


In tutto questo marasma vuoi vedere che il problema sono le femministe che osano lamentarsi perché vengono stuprate ed ammazzate le donne? Non si deve? Dobbiamo stare tutte zitte e tenerci le infibulazioni, il burqa o il femminicidio quotidiano e trasversale?
Invece guardateci: noi facciamo qualcosa contro la violenza ma tanti criticoni inutili cosa fanno?

Ed è proprio quello che vogliamo fare. Noi non vogliamo far sentire colpevole chi non è colpevole.

Moltissimi penseranno “Ma io non ho fatto nulla, non ho ammazzato nessuno, non ho mai alzato un dito su moglie e figli, neppure sul cane. Sono vegetariano, sono animalista, mi metto in riflessione quando devo uccidere una mosca, me ne sto tranquillo per i fatti miei in poltrona e mi piace persino leggere!” ma certo, figuriamoci se qualsiasi donna abbia mai intenzione di puntare il dito e dire “Sei colpevole anche tu per osmosi, per propagazione, per appartenenza, per proprietà transitiva, per sillogismo aristotelico, eccetera” !

Però guardateci: noi scendiamo in piazza, accendiamo candele, organizziamo fiaccolate, scriviamo cortometraggi, combattiamo la pubblicità sessista, scriviamo libri, apriamo centri antiviolenza, offriamo patrocini gratuiti, chiediamo tutela, chiediamo rieducazione al pluralismo, riempiamo la rete di articoli e blogs per chiedere una revisione della cultura generale che genera figli degeneri, maschi violenti, maschi prepotenti.

Muoiono 450 uomini all’anno contro 150 donne? E allora? Non vediamo nessuno fare alcunché per fermare la carneficina annuale degli uomini sugli uomini. La mafia è universalmente condannata e combattuta, ok ma la violenza ordinaria? La violenza degli ultras? Ma da quanti anni non si scende a manifestare contro la guerra? Siamo rimaste solo noi le ultime sessantottine idealiste? Perché non si manifesta contro la tortura? Perché non sono gli uomini stessi a pretendere che si diffonda la cultura del pacifismo? Perché non si insegna, per esempio, che  guidare in auto non è una gara tra galli e che non è necessario correre, sfoggiare auto potenti, sorpassare tutti mettendosi a strombazzare e lampeggiare sotto i paraurti di chi vuole solo arrivare dove deve arrivare, normalmente? Perché l’educazione civica è secondaria, la religione è primaria, il machismo impera in tv e nella cultura conservatorista e fascista e gli uomini stessi non si ribellano a questo brodo perfetto per allevare prepotenti e violenti?

Perché gli uomini non scendono in piazza per dire basta alla carneficina quotidiana e urlare “La mia vita è mia e quando voglio morire lo decido io o la natura?”.

Mentre passavo questi mesi documentando la violenza sulle donne, mi sono passate sotto il naso notizie assurde di violenza tra uomini. Per esempio:

- 4 Marzo 2009. Uccide fratello perché davanti al televisore.

- 16 Aprile 2009. Ucciso per un parcheggio.

- 31 Gennaio 2010. Ucciso per una sigaretta.

- 30 Aprile 2010. Uccide il fratello per la Playstation.

- 21 Luglio 2010. Uccide patrigno e ferisce fratello.

- 23 Luglio 2010. Ucciso per una birra.

- 9 Agosto 2010. Uccide fratello a colpi di mannaia.

- 4 Settembre 2010. Tenta di uccidere il fratello perché il lavandino è sporco.

- 29 Settembre 2010. Uccide il fratello con un colpo di arma alla testa.

E visto che muoiono mediamente 450 italiani maschi all’anno, la lista è lunghissima.

Nel 2006 sono morti 423 maschi e 205 femmine; il 92,8% degli aggressori era di sesso maschile, il 7,2% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2007 sono morti 461 maschi e 159 femmine; Il 95,7% degli aggressori era di sesso maschile, il 4,3% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2008 sono morti 451 maschi e 159 femmine; il 97,3% degli aggressori era di sesso maschile, il 2,7% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2009, 412 uomini ammazzati contro 161 donne; il 95,4% degli aggressori era di sesso maschile, il 4,6% degli aggressori era di sesso femminile, come possiamo leggere qui, su un sito al di sopra di ogni sospetto di faziosità.

Dite che il problema non sussiste? Il femminicidio non esiste? La violenza di genere non esiste? Le donne che denunciano violenza maschile rivolgono un insulto alla totalità degli uomini? Non è un tentativo di chiedere alla parte sana del genere maschile di fare qualcosa per porre un freno all’andazzo? Dobbiamo rassegnarci al fatalismo? Dobbiamo continuare ad assistere all’avanzata della mentalità fascista che vuole insegnare le tecniche di guerra nelle scuole superiori del nord? Dobbiamo rassegnarci alla mentalità leghista secondo cui solo gli stranieri delinquono e le mogli italiane vengono uccise dai mariti per questioni private o peggio, perché insultano la paternità? Devo proseguire ancora per molto o apriamo gli occhi all’ovvietà e smettiamo di vivere con la testa nella sabbia?

La violenza non è un fatto a cui ci si deve tutti rassegnare. La violenza può diminuire sensibilmente, soprattutto se tutti facciamo qualcosa in una direzione comune.

Pretendere a gran voce la certezza della pena, l’aumento del numero delle carceri, una vita carceraria più umana e volta alla rieducazione, un maggior numero di case di correzione per adolescenti, il recupero degli emarginati, il sostegno delle famiglie a rischio, l’azzeramento della sottocultura machista, non è assurdo. è assurdo che ci si lagni senza mai far nulla. è assurdo che ci si culli nel fatalismo.

Ecco una ricerca sulla violenza collettiva, per aiutarci alla riflessione: http://www.supportoallevittime.it/ita/doc/LA%20VIOLENZA%20COLLETTIVA_INAKI_MARKEZ.pdf

Mentre si fa a pezzi Chi L’Ha Visto, si attende con ansia il plastico del garage di Avetrana, con la benedizione istituzionale.

 

Particolari cruenti, analisi e controanalisi. Interviste a cugine disperate, piangenti, sfigurate da notti passate a singhiozzare. Inquadrature strettissime sul volto impenetrabile di Concetta. Pagine e pagine sul perché Concetta non piange e non offre scene di disperazione da rivendere al tg1, su cosa cela l’enigmatico volto inespressivo. Setacciamento dei filmati, dei cortili, degli androni, dei balconi, delle case allo scopo di trovare anche la più piccola traccia di disperazione spendibile nei pomeriggi televisivi di rai1, rai2 e canale5. Per non parlare di questi 42 giorni passati a mostrare a tutti le pagine del diario di Sarah, le interviste ad innocenti pasticcieri ed amici adulti chiamati in causa, spremuti prima dalla polizia ( a fin di bene) e poi dai giornalisti ( a fin di tiratura). Speculazioni ignobili sul carattere di Sarah messo sotto la lente d’ingrandimento deformante. Alla fine Sarah è risultata essere normalissima. Una normalissima ragazzina di 15 anni, anche molto calma, molto silenziosa. Ce ne sono di più sveglie ed autonome a quell’età. E chi di noi non ha mai detto di volere andare via, almeno una volta? Chi di noi non l’ha fatto senza, per questo, essere così stupidi da mettersi nelle mani di assassini? E infatti Sarah stupida non era. Non si è mai esposta al rischio.

Sappiate che vi è andata male, cari giornalisti istituzionalmente accettati. Sedersi in autobus accanto ad un senegalese o ad un rumeno è ancora sicuro. Non significa affatto esporsi al pericolo di essere stuprate ed uccise.

Continuano ad offrire zoomate sulle rughe, sulle macchie di grasso, sugli occhi azzurri del mostro ed io continuo a pensare che quello non sembra proprio il volto di un mostro. Mai come stavolta le teorie di Lombroso sono state sconfitte. Non un lampo celato di malvagità sul viso di quel contadino assassino. Si scava nella sua vita, si centellina, si smantella, si scompone, si cercano le molestie ad altre donne. Le molestie ad altre donne? Ma centinaia di uomini esprimono apprezzamenti molesti alle donne di passaggio. Centinaia tentano approcci. Tutti, tutti spiano (chi in modo più o meno evidente) scollature, sederi, gambe di passaggio. Per fortuna, non tutti sono potenziali stupratori di cadaveri di nipotine. E allora lasciamo stare, per cortesia. Lasciamo analizzare la personalità dell’assassino dagli specialisti, da chi può affermare quando un bravissimo padre di famiglia qualsiasi possa, eventualmente, nascondere i segni di disagio che un giorno esploderanno in un raptus e quando i segnali erano, invece, chiari e riconoscibili da tempo. Lasciamo spiegare quando un raptus è frutto di una psicopatologia e quando, invece, è il risultato di una cultura maschilista che potenzia la pericolosità di personalità prepotenti e legittima l’identificazione della “donna” con il “corpo della donna” in versione idealizzata attraverso la continua esibizione di lolite perfette che sfrecciano sui banchi di programmi satirici o improvvisano mossettine (che, mi spiace, non sono minimamente paragonabili alla danza) in qualsiasi trasmissione del giorno o della sera.

Intanto si spreme la faccenda per quanto possibile. La si spreme nei pomeriggi sul “due”, coi post-Cucuzza sull’ “uno” mentre i vari Pigi Battista saltano alla gola di Chi L’Ha Visto. L’unica trasmissione che faccia qualcosa per sbattere sotto gli occhi di tutti il fatto che il femminicidio non è un episodio occasionale. Chi L’Ha Visto è l’unico ad aver alzato la voce per dire “Le bambine di 11 anni non scappano da sole, neppure le ragazzine di 15! Le mamme non abbandonano improvvisamente i figli senza dare più segni! Le ragazzine non si suicidano dandosi fuoco e incolpando innocenti sul letto di morte! Finitela di archiviare le scomparse e di scaricare coscienze e responsabilità!”. Chi L’Ha Visto è scomodo perché sbatte in faccia il dato che l’orrore è quotidiano. Le donne scomparse sono decine all’anno. Non sono tutte squilibrate. Non si sparisce da casa in pantofole, senza cellulare, senza denaro, coi bambini piccoli ancora nei lettini, in attesa di trovare la colazione pronta al risveglio. Chi L’Ha Visto è scomodo perché è l’ennesima trasmissione di rai3, l’ennesima trasmissione bolscevica condotta da una giornalista bolscevica e in rapporti troppo amicali con un magistrato scomodo come Henry John Woodcock. Non importa che fosse stata proprio una giornalista del Corriere della Sera a chiamare la madre di Sarah in piena diretta su rai3 per chiedere conferma dei rumors sul ritrovamento del cadavere della figlia.

Se pure Chi L’Ha Visto avrà sciacallato, almeno fa del bene a tantissime famiglie e singoli abbandonati da tutti. Pensiamo a chi sciacalla senza fare del bene a nessuno.

Intanto la vicenda della 15 enne Sarah, adottata da tutta Italia ( tranne che da qualche troll bastardo e dai coriacei misogini negazionisti della violenza sulle donne) serve da prologo all’ennesima trasmissione sui poveri papà allontanati dalle ex mogli e dai figli. Serve a vendere una legge (il condiviso-bis) che non si dice a nessuno che farà ancora più vittime tra donne e bambini e che consentirà ai pochi padri internettiani che l’hanno chiesta di ottenere la loro vendetta legalizzate sulle ex compagne, tacendo il dato secondo cui la reale maggioranza dei padri italiani non ha tempo per per prendersi a casa i figli e non chiede affatto il condiviso. La morte di Sarah non sta affatto servendo allo scopo, ovvero a mettere a fuoco l’orrore che può nascondersi persino nella normalità. Non sta servendo allo scopo di generare allarme sulle violenze sulle donne. Non sta servendo allo scopo di gridare una bel “basta” allo sfruttamento dei corpi nello spettacolo televisivo istituzionale e benedetto persino dalla chiesa. Non sta servendo allo scopo di insegnare ai bambini, ai ragazzini, alle donne giovani o anziane come difendersi anche dalle avances di un parente stretto.

Sta servendo, invece, al solito scopo di arma di distrazione di massa.

Mentre si indaga nelle viscere di Avetrana e si fa a brandelli l’ennesimo programma “di sinistra”, ci aspettiamo almeno una ventina di puntatone di Porta a Porta con un bel plastico del garage dove la ragazzina è stata uccisa, certi che il Corriere benedirà l’iniziativa.

Sarah è l’eccezione, per i media nazionali.

La normalità ignorata, invece, è quella che era invisibile prima ed è ancora invisibile oggi: le donne continuano a morire per mano maschile, per mano di ex, per mano di spasimanti, per mano di conviventi. Continuano ad essere ferite a picconate, a colpi di ferro da stiro, a coltellate e in tutti i modi che la fantasia omicida suggerisce.

Intanto per l’infanticidio di Trento, senza un corpo, senza un movente, senza un’arma del delitto, su mere prove indiziarie, si incarcerano persone presumibilmente informate dei fatti (nella insussistenza del pericolo di inquinamento delle prove e del pericolo di reiterazione del reato); per un femminicidio che sembra del tutto premeditato, con un cadavere, con chiarissime prove ambientali, con mattonelle ed igienici distrutti da una testa spinta da una mano omicida per essere fracassata, con prove di alibi che non reggono, con prove di moventi chiarissimi, ci sono uomini assolti in appello con formula piena.

Chi è davvero senza colpa, scagli la prima pietra!