Certi messaggi contro le donne vengono passati con tutta la tranquillità del mondo.
http://roma.repubblica.it/cronaca/2013/08/05/news/figlia_disabile_abbandonata_in_casa_la_madre_non_ne_potevo_pi-64323247/?ref=HREC1-9
Sdegno, rabbia e conseguenti insulti sessisti, soprattutto nella mente e sulle labbra di ogni donna disimpegnata sul fronte dei diritti umani ma che si ritenga una donna “per bene” perché attorno a sé ha tutti gli elementi rassicuranti di una dimensione borghese. La tipica donna allevata per fare la guerra a tutte le altre.
Come si bolla una madre che abbandona la figlia disabile?
Ovviamente, la si chiama “puttana” perché dopo oltre 2000 anni stiamo ancora lì: o sei santa martire e madre vergine o sei puttana, o sei Maria o Maddalena. Pare che altri ruoli nella commedia non siano saltati fuori.
E che le prostitute in gran parte siano martiri di un capitalismo alimentato da chi si sente borghese e che le sante borghesi abbiano mediamente la vita più facile, è un pensiero generalmente scomodo e rimosso.
Mi ribello a questa visione grazie alla mia coscienza allenata da civismo e femminismo. Mi ribello all’idea che il valore di una donna si riduca al suo sacrificio come madre (o più genericamente come badante), anche se al posto di questa donna non avrei mai lasciato sola mia figlia, come non ho abbandonato i miei genitori, perché anch’io sono stata imbevuta di senso del dovere e di sacrificio cristiano, come tutte le altre italiane. Ma il mio essere attivista, civicamente critica ed allenata a riconoscere i miei diritti ed i miei doveri, mi ricorda che la dimensione di una persona non si esaurisce tutta nella famiglia e al ruolo obbligato di madre/badante/infermiera gratuita nel quale nasce ogni neonata in Italia e che molto di rado gli uomini ricoprono.
Sei madre? Lo resti tecnicamente a vita, anche se ti morissero tutti i figli, ma solo nella società italiana sei costretta ad esercitare il ruolo della madre fino a quando sei così anziana da prendere fuoco ai fornelli mentre prepari la cena per mariti o figli ultrasessantenni, zitelli, separati o divorziati, o da farti uccidere e fare a pezzi da figli con gravi turbe psichiche.
Se ad 85 anni ti prende fuoco la vestaglia mentre prepari la cena al tuo bambino di 60 anni, rigorosamente incapace di farsi un uovo in padella (perché siamo in Italia, dove la società insegna all’uomo quanto sia “degradante” l’autosufficienza domestica) muori come un soldato sul campo di battaglia, cioè per la società italiana muori nell’adempienza del tuo dovere (e il dualismo uomo/soldato, donna/madre e moglie è un retaggio fascista, ergo siamo ancora una società fascista).
Non ti è accordato diritto all’esistenza come persona a 360 gradi e neppure il diritto alla vecchiaia.
Non ti è accordato nemmeno il diritto di un caffè al bar.
La tua è una condanna a vita. Un ergastolo dove non hai diritto neppure all’ora d’aria.
La qual cosa non avviene se tua figlia è femmina. Se hai una figlia, è lei ad avere il dovere di cucinare per te ed assisterti senza staccarsi dal tuo capezzale e se una sventura accade mentre è lontana o uno dei suoi genitori ha un’idea folle e mortale, oltre a dolore e lutto le tocca passare la notte in un carcere, cosa che non capita agli stalkers, non capita agli aspiranti assassini narcisisti e vendicativi ma capita alle donne che per mezza giornata violano l’obbligo morale di assistenza a parenti malati.
Lo Stato si fa solo garante di sorvegliare che tu, cioè il suo surrogato gratuito di assistenza, resti incatenata al malato notte e giorno, giorno e notte. E chi se ne frega se rischi la vita e la salute.
Quindi il paradosso che notano in pochi: il buonsenso direbbe che chi ha necessità di assistenza non è solo la persona malata ma l’intera famiglia, che andrebbero create apposite professionalità in apposite strutture attrezzate, civili, pulite, dignitose e gratuite, con figure professionali che prestino il proprio servizio a spese della comunità in ogni giorno della settimana, consentendo alle famiglie un’esistenza normale. Invece lo Stato assegna, anche intempestivamente dopo anni di pratiche burocratiche, un’idennità di accompagnamento assolutamente inadeguata, lasciando in larga parte sulle spalle delle famiglie le responsabilità pratiche, mediche e giuridiche.
Se hai la fortuna di essere benestante, assumi a pagamento (TUO) un’altra badante/infermiera (a sua volta femmina nella maggioranza dei casi) e allora sì, ti potrai anche prendere un weekend di pace, per la salvaguardia dei tuoi nervi, e lo Stato non ti giudicherà colpevole. Se non hai i mezzi economici, dovere, fatica, dolore sono privilegi tutti tuoi.
Ma è davvero un dovere fare la mamma per tutta la vita? A me suona come una condanna, come una sottrazione di responsabilità ai figli (quando sono sani) che non diverrebbero mai adulti e ad una struttura che gli umani hanno creato proprio perché sia di sostegno alla comunità. Una struttura chiamata “Stato” e che avrebbe l’obbligo di fungere da “madre” della società, cioè di accudire ogni su* componente, comprese le persone disabili e con malattie croniche.
Se uno Stato non supporta le madri e fa cadere sulle loro spalle la maggior parte del peso, non ci si deve stupire del fatto che le donne oggi non abbiano più tutta questa voglia di fare figli.
La maternità non dovrebbe coincidere con tutta l’esistenza di una persona ma esserne una parte di un percorso più complesso e variegato. Un parto non ti rende una competenza medica tale da essere anche in grado di avere la custodia totale di un figlio gravemente malato.
Lo Stato lo sa, non è un fesso.
I servizi si tagliano per risparmiare. Gli ospedali psichiatrici si tagliano per risparmiare. Persino gli arresti domiciliari si assegnano per risparmiare soldi perché in carcere chi paga per vitto ed assistenza?
E qui mi tocca scrivere qualcosa di populista perché i servizi si tagliano, le tasse aumentano.
E sulle spalle di chi ricadono i malati rimasti senza strutture ed i detenuti senza carcere?
In larga parte sulle spalle di quell’altro welfare chiamato “donna”.
E come si convince una donna a sopperire a questi vuoti statali? Chi è quel fesso che aderirebbe ad un patto del tipo “tu mi paghi, tu assisti il parente malato, logorante e pericoloso, io con quei soldi veglio sul fatto che tu assista e se non lo fai ti incrimino e se il parente malato ti ammazza è una tragica fatalità?”.
Con la morale cristiana.
La morale cristiana dice che devi morire per i figli, immolarti, e la legge italiana le dà una bella mano perché, in realtà, chi deve essere denunciato per abbandono di incapace è lo Stato.
Il destino delle femmine italiane, dal concepimento in poi, quindi, è immolarsi.
E se non lo fanno sono “puttane”. Questo lo sa anche il giornalista che riporta la notizia colpevolizzando la madre 64enne.
Poi ci si chiede perché le donne restino con compagni violenti.
Oltre a tante spiegazioni valide, c'è una risposta che non dà quasi nessun*:
perché alla femmina, fin da piccola, viene insegnato il sacrificio per la cura della famiglia, viene insegnato che la propria vita vale meno di quella altrui, che il suo ruolo è l'abnegazione e che la sofferenza la innalza al regno dei cieli, perché deve scontare il peccato originale che non ha mai commesso.
Soprattutto se non sei bella, ti aspetti che ti trasfiguri la luce del sacrificio, ti illudi che più farai più sarai amata, che “sarai scelta” in base alle tue doti di perfetta cameriera/cuoca/infermiera.
Neanche nasci e ti schiaffano in mano dei bambolotti ai quali devi fare da madre per gioco. Poco importa che solo 3 anni prima fossi una neonata anche tu. E passeggini culle, pentolini, piattini, kit da perfetta baby-infermiera e ti si insegna attraverso le favole, per esempio, che l’amore stesso si guadagna sacrificandosi, che pulendo pavimenti e caminetti inginocchiata (pare che persino il mocio sia peccato) oppure tessendo a mano camici di filo d’ortica colta nei cimiteri compaia il principe, che rinunciando alla coda di pesce, allo status, alla famiglia di origine oppure andando oltre l’apparenza mostruosa della Bestia, oppure baciando rospi, si verrà ricompensate con l’amore.
E così, se una donna di 48 anni, che si spezza la schiena facendo le pulizie per terzi, lascia in casa i genitori malati per andare a lavorare, la colpa è sua. Sua come se fare le pulizie per lavoro fosse un capriccio, un divertimento, un frivolezza. Come a dare per scontato che devi rinunciare alla vita, alla giovinezza, al lavoro, alla vita sociale, ad uno stipendio, ad un caffè al bar o ad una passeggiata al parco perché ti attende la tua catena, che non devi eludere.
Non hai nemmeno il lusso di avere un cane e portarlo a fare i suoi bisogni.
Se una signora di 64 anni si allontana per un weekend, nella mente di giornalisti e pubblico è come se fosse una poco di buono, una madre degenere, una degenerata. Come fosse andata in discoteca a divertirsi, evoca stereotipi misogini come “alla tua piccolina tu non compri mai balocchi, mamma tu compri soltanto profumi per te”.
Ma questa madre ha l'età che aveva mia madre quando è morta. Non posso immaginarla con la collana di fiori e il gonnellino hawaiano, circondata da gigolò, e occuparsi di una figlia malata di mente non è solo estenuante, pericoloso, faticoso ma un dolore immenso col quale sei obbligata a convivere. A chi importa dei mille pensieri che ti assalgono quando scopri che tua figlia delira e non avrà mai un’esistenza normale?
Il trauma? La depressione che prende i familiari di malati psichiatrici?
Oppure siamo nati per soffrire e ci dobbiamo riuscire, altrimenti ci pensa lo Stato Italiano?
Importa tanto quanto sarebbe importato se la stessa donna fosse stata picchiata a morte per un bicchiere d’acqua.
Prenderti un giorno per non pensare, per fingere di avere un’altra realtà, è un crimine ed una vergogna da sottoporre a gogna pubblica.
Da notare che i servizi sociali sono “chiusi nel weekend”. I servizi sociali possono andare in vacanza. Tu no, tu sei madre e ti arrangi.
In natura le madri abbandonano i cuccioli malati. In natura alcuni mammiferi riconoscono il cucciolo malato e lo lasciano morire di fame o addirittura se ne cibano.
Noi siamo la società umana, abbiamo stabilito che l’abbandono è crudele ed incivile perché si presuppone che l'intera società si faccia carico degli ammalati. Civiltà, aggregazione in comunità e quindi Stato sono la risposta “evoluta”, la risposta della coscienza all’istinto. Se lo Stato non crea la rete per mettere tutti i cittadini nelle stesse condizioni, non assolve il suo compito. In Italia lo Stato non assolve il suo compito.
In Italia lo Stato favorisce il dislivello tra i sessi, alimenta la perpetuazione dei ruoli, alimenta ed incoraggia la sottomissione delle donne ad un modello e perpetua un modello cristiano, pur non essendo uno Stato teocratico. E lo fa per un motivo squallido come il denaro.
In Italia si sbattono i malati sulle spalle delle mamme, che passano la vita nell’angoscia a chiedersi “quando io non ci sarò più chi si occuperà di mio figlio/mia figlia?”. Questa è una domanda che nessuna madre dovrebbe farsi in una nazione civile. In una nazione civile un articolo intelligente non dovrebbe stigmatizzare una donna anziana perché è distrutta dalle cure per una figlia con problemi psichiatrici ma dovrebbe interrogarsi su cosa si è fatto per consentire a queste due donne una esistenza dignitosa, non un’esistenza di dolore e tragedia.
In una nazione civile, tu che stai bene e non hai problemi non punti il dito contro chi ha l’acqua alla gola ma contro chi ti obbliga ad annegare.
In una nazione civile non dovrei scandalizzarmi solo io se un pericoloso schizofrenico è lasciato alla madre di 70 anni e se alla morte di questa si alzino spallucce come se non ci fosse alcuna responsabilità.
In una nazione civile una sola di queste morti dovrebbe essere ripagata da una causa per danni perché è venuto meno il patto sul quale lo Stato si regge: io pago e tu mi assisti.
Se un figlio che ti uccide è “una tragica fatalità” perché, poverino, è malato, come fa ad essere un dovere assisterlo 24 ore al giorno? Dov’è il principio di civiltà che deve impedire gli istinti che consideriamo barbarici?
Perché ci sono istinti che lo Stato lascia agire come maledizioni sulle famiglie?
Il fatalismo dello Stato è una grave ipocrisia ed un lusso che chi ignora i diritti umani non può permettersi.
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