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venerdì 17 settembre 2010

In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino « Sud De-Genere

Agghiacciante la situazione dei centri antiviolenza in Calabria, aggravatasi con la chiusura della casa-rifugio del centro Roberta Lanzino di Cosenza, a corto di fondi mentre centri privati di matrice cattolica ricevono finanziamenti pubblici e si “specializzano” lentamente, senza esperienze pregresse. Possibile che centri antiviolenza e consultori stiano diventando terra di nessuno, che non ci siano voci a levarsi in loro difesa, che gruppi autarchici di femministe in eterna competizione si chiudano tra le loro quattro mura, convinti che vada tutto bene, convinti che si sia ancora in pieni anni ‘70, piuttosto che scendere in piazza a mobilitare contro i diritti che ci vengono strappati giorno dopo giorno?

Possibile che le madri e le donne perdano voce e credibilità, scalzate giorno dopo giorno dall’aggressività di associazioni maschiliste, unite ad associazioni per i padri e ad associazioni di orientamento cattolico e che le uniche a rappresentare l’immagine femminile siano soubrettes, veline e presentatrici televisive?

 In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino

settembre 17, 2010

di suddegenere

Atterrita, turbata, confusa, avvilita……..

Della situazione dei centri antiviolenza in Calabria ne abbiamo un’idea abbastanza chiara (qui).

Sappiamo per certo che fino allo scorso anno il centro Roberta Lanzino di Cosenza era l’unico centro in Calabria, aperto da vent’anni e facente parte della Rete Nazionale dei centri antiviolenza, in grado di poter garantire tutto cio’ di cui  una donna che decide di rompere il muro del silenzio ha necessità (dal centralino attivo 24 ore su 24, al sostegno psicologico, all’ospitalità per donne e bambini, alla consulenza legale, ma soprattutto ad occuparsene solo donne, altamente qualificate e formate).

Sappiamo che lo scorso anno la Regione Calabria ha finanziato sei nuove associazioni “che si occupano di violenza alle donne”.

Ma in che modo se ne occupano, si sa?E da chi sono gestite queste associazioni?

A Catanzaro, ad esempio, ad avere i contributi regionali è stata la Fondazione onlus Città Solidale,costituita dall’Arcidiocesi di Catanzaro, e dunque come da statuto: “fedele ai principi ispiratori della Caritas ed alle sue finalità pedagogiche e pastorali“. La Fondazione Città Solidale, fino allo scorso anno non si occupava di violenza alle donne, ma ha iniziato la sua attività facendo assistenza e recupero di minori a rischio di devianza, successivamente ha ampliato la gamma dei “servizi”.

Il Lanzino di Cosenza non è UN centro antiviolenza calabrese, come ho avuto modo di leggere oggi, ma è IL centro antiviolenza presente in Calabria. Presente a metà, senza cioè  la Casa Rifugio da giugno.

“««Alla fine di giugno abbiamo chiuso la nostra Casa Rifugio per donne in difficoltà. Non per scelta dettata da nostra incapacità o svogliatezza o dalla mancanza di donne necessitate. Purtroppo abbiamo chiuso la Casa Rifugio per mancanza di fondi». E così una delle strutture più importanti impegnate nel contrasto alla violenza sulle donne e intitolato a Roberta Lanzino (in foto), la studentessa cosentina violentata e uccisa nel luglio 1988 mentre stava andando con il suo motorino a Falconara Albanese, sul Tirreno cosentino, chiude i battenti. La nota arriva proprio dal Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino: «Per scelta, invece non lo abbiamo comunicato ai media. Scelta pensata e meditata a favore di tutte quelle donne in procinto di denunciare, pronte a rompere il muro del silenzio. Le avremmo impaurite, lasciate sole, non accompagnate nel difficile percorso di uscita attraverso un’accoglienza rifugio volta al loro rafforzamento e a mettere loro in sicurezza; abbiamo evitato di comunicarlo nella stagione estiva sempre troppo ricca di episodi, non certo sporadici, di maltrattamenti e violenze dentro e fuori le mura domestiche. Il nostro cellulare di emergenza ha continuato a squillare nei mesi di luglio e agosto e noi abbiamo continuato a rispondere, pur da volontarie, cercando di far sentire meno sole e di indirizzare le donne in difficoltà». «Hanno chiamato anche assistenti sociali e psicologhe dei consultori della provincia di Cosenza, di Catanzaro, di Crotone – è scritto ancora nella nota – chiedendo un posto sicuro per donne che subivano violenza e avevano bisogno di allontanarsi immediatamente con i loro figli minori. Abbiamo risposto, e ci dispiace, che la nostra casa non è più disponibile; abbiamo fornito loro i numeri di telefono di centri di accoglienza fuori della Calabria che hanno qualche disponibilità, pur sapendo come sarà difficile per queste donne spostarsi dal loro ambiente e dai loro legami. I pochi Istituti religiosi della nostra regione che hanno la possibilità di ospitare donne con minori hanno sempre poca disponibilità e non riescono a gestire l’emergenza. Del resto le istituzioni regionali, provinciali e comunali ben sapevano delle difficoltà economiche del Centro e non sono riuscite, o non hanno voluto, sostenerlo». «E’ vero, la cultura del rifiuto della violenza, della denuncia dei soprusi – riporta ancora il documento – comincia, seppur con difficoltà e lentezza, a farsi spazio tra le donne di Calabria; il rischio che intravediamo è quello dell’inerzia delle istituzioni che, poco attente e vigili, non si adoperano per sostenere e valorizzare quei luoghi, quelle strutture di accoglienza, dove le donne possono rifugiarsi in sicurezza, per riprendere in mano la propria vita. Una Legge Regionale (n. 20 del 21 agosto 2007 ‘Disposizioni per la promozione ed il sostegno dei centri di antiviolenza e delle case di accoglienza per donne in difficolta») ha finanziato per un anno sei nuove associazioni che si occupano di violenza alle donne. Quanti ancora funzionano, quali possibilità hanno di continuare la loro attività? Chiediamo agli amici giornalisti di farsi carico di questa indagine. Non vogliamo che la cultura del riconoscimento della violenza di genere e della sua lotta sia un fatto puramente formale e di immagine. Per questo chiediamo alle istituzioni di manifestare reale interesse per affrontare e cercare di porre rimedio ai gravi problemi sociali connessi con la violenza alle donne». «Per finire una rassicurazione: il Centro contro la violenza alle donne Roberta Lanzino – conclude la nota – continua ad offrire la sua prima accoglienza in sede e le sue consulenze legali, psicologiche, ginecologiche, la sua attività formativa per le scuole e per gli operatori dei servizi; almeno fino ad esaurimento fondi. Di certo non possiamo più ospitare le donne in grave pericolo nella Casa Rifugio. E non è poco».(fonte)

Della r-esistenza quotidiana delle donne del centro Lanzino e di come siano riuscite, nonostante tutto e tutti (!), a far VIVERE il centro e quindi ad aiutare concretamente moltissime donne grazie alla loro lotta senza sosta ce ne aveva già parlato Antonella Veltri qui.

Mi unisco all’appello fatto dalle donne del Centro Lanzino  e chiedo a tutte le donne e a tutti gli uomini di fare altrettanto, augurandomi che chi lavora per giornali ed emittenti radiotelevisive dia risalto e si occupi della notizia ma soprattutto che le Istituzioni comprendano la gravità della chiusura della Casa Rifugio del Lanzino e l’enorme danno all’intera comunità che  una eventuale chiusura del Centro stesso comporterebbe.

FACCIAMO LA “CONTA”!

 A Sud, Violenza di genere

In direzione ostinata e contraria.Appello del Centro Lanzino « Sud De-Genere

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