«Diciassette anni dopo, la vicenda di Elisa Claps non cessa di inquietare perché non è stata ancora fatta piena luce sulla sua tragica fine. Il riserbo della Chiesa di Potenza in questi mesi seguiti al ritrovamento del corpo di Elisa è dovuto unicamente al rispetto che si deve alla magistratura, cui sin dall'inizio è stata offerta totale disponibilità per la necessaria azione investigativa», afferma il vescovo di Potenza, monsignor Agostino Superbo, chiamato in causa ieri dal fratello di Elisa Claps, Gildo, che ha chiesto al presule che la Chiesa dica «tutta la verità
GIACOMO GALEAZZI
«Il riserbo della Chiesa di Potenza in questi mesi seguiti al ritrovamento del corpo di Elisa è dovuto
unicamente al rispetto che si deve alla Magistratura, cui sin dall'inizio è stata offerta totale disponibilità per la necessaria azione investigativa». Così l'arcivescovo metropolita di Potenza, monsignor Agostino Superbo, ha risposto all'invito della famiglia Clpas «a dire tutta la verità» sul ritrovamento del cadavere di Elisa, lo scorso 17 marzo, nel sottotetto della chiesa Santissima Trinità del capoluogo lucano. «Non abbiamo motivo di nascondere nulla - ha continuato il vescovo - ma
vogliamo servire la causa della verità, così come autorevolmente invita a fare papa Benedetto XVI».Ieri, nel giorno del 17esimo anniversario dall'omicidio di Elisa Claps, il fratello Gildo, nel
corso si una manifestazione pubblica, aveva chiesto al vescovo di rivelare «qual è il segreto da custodire così gelosamente tanto da fornire agli investigatori versioni sul ritrovamento che
contraddicono palesemente con i fatti e le certezze». «Trascinare la Chiesa in una continua polemica - ha risposto nel comunicato il vescovo Superbo - non è la strada giusta per trovare la
verità, causa per la quale continuiamo a lavorare e a sperare. Da mesi preghiamo in tutte le parrocchie - ha concluso - come è accaduto anche domenica scorsa».
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