Web Toolbar by Wibiya

domenica 10 ottobre 2010

A proposito di sciacalli…

Sulla solita pagina Facebook usata per spargere odio contro le donne TUTTE e, in particolar modo, contro le femministe, con l’utilizzo di articoli falsi, dati manipolati, notizie riportate in modo strumentale e profili falsi di uomini travestiti da donne nella speranza di dimostrare che ci siano numerosissime donne masochiste e stupide a pensarla come i peggiori maschilisti misogini, oggi c’è questa nota

http://www.facebook.com/noviolenzadonne#!/?sk=messages&tid=1440113886237

di cui vi invito a visionare i commenti.

C’è un reo confesso, ci sarebbero solo da valutare eventuali complicità. Per quale motivo, allora, si tenta di far passare la cugina di Sarah, ovvero Sabrina, per la vera artefice dell’assassinio?

Non basta lo sciacallaggio sul cadavere di Sarah, spacciata da alcuni di questi personaggi per amante consenziente dello zio…

Se non leggete bene, basta cliccare sulle foto.

benitogiua2eded

E questo Benito Giua è un assiduo frequentatore di tutte le pagine antifemministe create dalla stessa matrice. Queste sono copie cache, visto che il profilo è stato giustamente bannato da Facebook.

provebenitogiuaed

profilobenitogiuaed

Interessanti i suoi amici! Padri separati, Adiantum, Eros Intuaidumeda, costanti rinvenibili in tutti i profili che prima o poi vanno sulle pagine gestite da donne a scrivere volgarità immani e molto spesso ad insultare la memoria di donne uccise da uomini. Guardate la lista delle pagine a cui era iscritto, tutte dello stesso stampo…

Oggi abbiamo fondati motivi di ritenere che Benito Giua si sia di nuovo trasformato in Elisabetta Bertolotto, mutuando il nome della donna recentemente macchiatasi di infanticidio nei confronti del figlioletto di 3 anni nel savonese e malata di psicosi post partum, e con il suo solito “stile” è arrivato sulla nostra pagina per l’insozzamento quotidiano.

elisabettabertolottosnaped1

è solo uno snap ma ha scritto ovunque (ho salvato la pagina) ed ha molestato in privato anche alcuni iscritti alla nostra pagina. Almeno tre.

elisabettabertolottomolestie1ed

 

elisabettabertolottomolestie2ed

In particolare, la terza è un messaggio riferitomi in privato da un amico.

elisabettabertolottomolestie3ed

Ora, vi invito a leggere alcuni commenti lasciati da questi personaggi alla succitata nota allo scopo di scagionare Michele Misseri in quanto uomo e di accusare Sabrina Misseri in quanto donna.

sospettisabrina1ed

Notate come colei che giustamente chiamiamo Elisabetto insinua che ad uccidere sia stata proprio la cugina di Sarah, sulla quale neppure gli inquirenti hanno tale sospetto. Peccato che i lettori della loro pagina rispondano molto di rado alle aspettative del gruppo che amministra e fa squadra allo scopo di influenzare chi li legge.

Il vero colpo basso lo affonda colui che linka un orrendo video già famoso su Youtube per le schifezze che afferma. Furbamente lui insinua che il video in questione ha 30 mila visualizzazioni, ergo dev’esserci qualcosa di vero?  

sospettisabrina2ed

Elisabetto arriva persino a sostenere che “lo sospettano tutti”. Tutti chi? Neppure i commentatori veri lo sospettano. Basta leggere. Poi il “geniale” Intuaidumeda, che ormai dovrebbe essere universalmente noto su Facebook ed oltre per la sua “eleganza” nei confronti delle donne, dice che è strano perché lui non avrebbe mai confessato e, visto che non lo avrebbe fatto lui che, evidentemente, è il metro universale di valutazione dei comportamenti umani…Poi addirittura la negazione dello stupro…

sospettisabrina3ed

Sopra poi arriva, indicata dalla freccia nera, una velata minaccia. Verso chi? Ci sembra di riconoscere lo stile di qualcuno che ripropone molto spesso l’atteggiamento sottilmente minaccioso. Anche noi ricorderemo i nomi. Tiè. Ma, purtroppo, il video da lui suggerito, non sembra avere il risultato sperato: segnato dalla freccia rossa c’è lo sdegno di una lettrice munita di cervello.

Ancora una volta i lettori dimostrano di essere molto meno stupidi di quanto il gruppo dei sobillatori spera.

Ecco sotto il profilo di Elisabetto, lasciato aperto perché non è tanto furbo e non sa neppure trollare…

elisabettabertolottoprofied

Sempre gli stessi amici, ovvero Adiantum, negazionisti della violenza sulle donne ed Eros Intuaidumeda. Sempre le stesse pagine più quelle alle quali si è iscritto per diffondere infamie su Sabrina e scagionare Michele Misseri.

 elisabettabertolottoprof2ed 

In particolare, in bacheca possiamo leggere che pare essere intervenuto su una delle pagine aperte da donne per le donne (una delle tante clonate ed infamate dalla stessa banda)…

Anche qui posta il video vomitevole che assolverebbe Michele Misseri e che sostiene che se solo Sarah avesse consentito allo zio di abusarla, sarebbe ancora viva…

elisabettabertolottoshot

La bella notizia è che da pochi minuti lo schifoso video è stato rimosso per violazioni delle condizioni d’uso.

Ma chi è questo personaggio? è purtroppo noto a moltissime ragazze che da lui sono state insultate e minacciate in privato. è noto anche per la frequenza con cui invade le bacheche delle pagine e dei gruppi femministi, lasciandovi insulti irripetibili.

Nessuno conosce il suo vero nome, giacché pare usare numerose identità, ma è verosimile che possa essere responsabile anche di quanto raccontato in questa nota:

http://www.facebook.com/note.php?note_id=142061729157405

Allora, mi chiedo, questa povera bambina è stata usata ed infangata in tutti i modi possibili, perché?

I maschilisti negazionisti hanno insinuato che fosse scappata da sola, che fosse una poco di buono. Una volta scoperta la tragedia sono sorti gruppi in favore del suo aguzzino ed i soliti negazionisti riempiono la rete di video ed affermazioni vergognose su di lei e sulla sua famiglia.

Ora la sua morte è anche usata da alcuni membri del movimento dei padri separati allo scopo di dimostrare che le donne (non solo le femministe o le nazifemministe, come sostengono gli interessati senza sapere di starsi già macchiando di istigazione all’odio e di fomentare discriminazione ideologica) sono le vere violente, che Misseri sia solo una vittima.

Si è sparsa sui quotidiani la notizia della comparsa di un profilo chiamato Sarino Scazzi con la probabile foto del cadavere della povera ragazzina all’obitorio.

Ma cosa vi ha fatto questa ragazza che non aveva neppure ancora mai cominciato a vivere, mai dato un bacio ed è stata oltraggiata mostruosamente? Solo perché è nata donna, non basta la punizione inflittale con l’uccisione e lo stupro, ma va infangata ed usata per potere spacciare idee false, concetti strumentali allo scopo di scagionare tutti gli uomini violenti dalle accuse che pendono loro sul capo?

E mi dispiace per le donne iscritte alle vostre pagine e che tentano sempre di vedere in voi qualcosa di buono, cascando nella diffamazione del femminismo che operate quotidianamente.

Non c’è assoluzione per chi usa le proprie facoltà intellettive stupidamente o con intenti criminosi.

sabato 9 ottobre 2010

Un giorno senza di noi …donne – 8 Marzo 2011 « Popolo Rosa

Immaginate cosa significa un giorno senza la metà della società? Niente lavoro, niente acquisti, niente tv. Per l’8 Marzo 2011 non saremo consumatrici, non saremo precarie, lavoratrici da sfruttare, non saremo cameriere, non saremo baby sitter e badanti e neppure amanti. Prenotate baby sitter ed infermieri di sesso maschile, prendete una giornata di ferie, organizzate una giornata di ritrovo tra donne, magari per leggere ed approfondire, bere un thè senza, per favore, accendere l’apparecchio televisivo che è il primo a doverci rispetto, niente shopping, per carità. Pensate a tutti i settori in cui la donna non è che un corpo che attiri l’attenzione su un prodotto o la casalinga che deve comprare quel detersivo o la fashion victim che svaligia le profumerie e boicottateli! Che si preparino i pasti da soli, a partire dalla colazione! Che lavino piatti, stirino camicie, portino fuori cani, puliscano lettiere di gatti, accompagnino bambini a scuola, vadano a ritirare la biancheria in lavanderia, organizzino il lavoro in ufficio, eccetera, il tutto senza di noi.

Forse un giorno è addirittura pochino ma da qualche parte dovremo pur ripartire, no?

Iniziativa organizzata da donne, per le donne.

Il blog ufficiale targato Wordpress lo trovate qui.

Il gruppo Facebook è qui.

Aderite e fate aderire!

 Un giorno senza di noi …donne – 8 Marzo 2011

PER PRENDERCI IL FUTURO

UNA MANIFESTAZIONE NAZIONALE DELLE DONNE PER RIPRENDERCI LA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA

UNA MANIFESTAZIONE PER DIRE BASTA ALLA FALSA PARITA’

PER LA PARITA’ EFFETTIVA DEI SALARI

PER UNA GIUSTA RAPPRESENTANZA DELLE DONNE IN POLITICA

PER LA DIFESA DEL CORPO DELLE DONNE

PER L’EFFETTIVA PARITA’ NEI LUOGHI DI POTERE ED AMMINISTRAZIONE

PER LA COPERTURA AL 100% DELLE DOMANDE NEGLI ASILI NIDO

PER LA DIFESA DEI CONSULTORI FAMILIARI

CONTRO OGNI FORMA DI VIOLENZA DOMESTICA E SESSUALE

CONTRO LA MERCIFICAZIONE E MORTIFICAZIONE DEL CORPO DELLE DONNE

Un giorno senza di noi …donne – 8 Marzo 2011 « Popolo Rosa

venerdì 8 ottobre 2010

I dogmi maschilisti

 

mussomadonna Rispondo a questo bellissimo articolo di Femminismo A Sud che ha scatenato inevitabilmente in me ricordi e riflessioni. Conosco perfettamente ciò che viene descritto nel pezzo. Ho in mente decine di situazioni vissute di persona o da altre ragazze cresciute con me. Ho sentito certi discorsi decine di volte. Ho sentito questi discorsi anche da donne ma le motivazioni, in quel caso, erano differenti.

Una volta mia sorella adolescente era ferma a chiacchierare in strada con un amico seduto su un motorino quando arrivò uno dei fratelli di nostra madre e le diede uno schiaffo.

Questo aneddoto mi fu raccontato e divenne un altro motivo di risentimento verso questo zio che adesso non saluto neppure. è la pecora nera della famiglia di mia madre. L’unico ad essersi mangiato tutti i suoi risparmi e finire oberato di debiti, anche nelle epoche d’oro in cui guadagnava a vagonate. Aveva tutti i vizi possibili ma, soprattutto, il gioco e le donne. Ha vissuto da parassita alle nostre spalle per tutta la vita, costringendoci a mantenere persino la sua famiglia (5 figli e moglie) mentre i suoi soldi finivano alle prostitute professioniste che aveva come amanti e finivano persi a carte. La moglie ed i figli lo cacciarono di casa. Non dimenticherò mai lo sguardo atterrito e sconsolato di mio cugino quando, forzata da mia madre che temeva che il fratello finisse sotto un ponte, lo posi davanti ad un aut aut affinché riprendesse il padre in casa. In seguito venni a sapere delle condizioni in cui avevano vissuto tutti loro, senza denaro, senza mai vedere il padre che latitava, umiliati perché costretti ad elemosinare la carità degli altri parenti. Neppure una grave malattia mutò il carattere di mio zio. Finalmente allontanato dall’intero parentado, iniziarono i ricatti affettivi, le pretese di avere l’amore dei figli quando aveva fatto di tutto per perderlo e nulla per guadagnarselo. Minacciava di gettarsi sotto un treno. Alla fine nessuno gli ha creduto. Dopo decenni in ostaggio di un prepotente, ora finalmente la ex famiglia di mio zio sta trovando la pace.

Un’altra esperienza contro il dogma del “padre di famiglia”.

Eppure lui faceva la morale a noi. Noi borghesi, figlie della sorella, benestanti, beneducate, istruite, cresciute in una famiglia di professionisti e proprio per questo chiuse in casa a doppia mandata ed obbligate a mantenere il decoro anche a nome di zii indecorosi.

Mia madre era cresciuta in una famiglia patriarcale, era costretta a lavare i piedi del padre quando tornava da lavoro, era chiusa in casa e sorvegliata a vista dai fratelli, per lei l’oppressione era un naturale stato di cose. Ecco anche perché capisco le donne musulmane che stentano a togliersi il burqa al quale sono abituate.

Persino il portinaio del palazzo di fronte riteneva di avere il diritto di farsi gli affari nostri e valutare a che ora tornassimo a casa e come fossimo abbigliate, noi figlie di professionisti. Il portiere era un po’ rattuso lo percepivi a pelle. Fin da ragazzina ti si sviluppano le antennine per riconoscere i rattusi.

Quindi eravamo segregate e le festicciole tra compagni di classe erano impensabili. Non potevo neppure ricevere telefonate da chi era stato assente a scuola e mi chiedeva l’assegno o un confronto con le traduzioni di latino. Intanto subivo ogni giorno una media di due molestatori sugli autobus affollati. Ricordo le battaglie silenziose con lo zaino per tenere le mani lontane dal mio corpo e quando tornavo a casa sbattevo lo zaino a terra, carica di rabbia frustrata. Erano sempre vestiti in giacca e cravatta i palpeggiatori da autobus.

Divenni una ribelle, cominciai a strappare il diritto a frequentare i miei coetanei maschi, infinite volte più innocui di portinai, vicini di casa, zii e palpeggiatori da autobus.

Non conto le volte che ho sentito da amici maschi, da fidanzati, da zii le raccomandazioni a stare attenta “perché io lo so come sono fatti i maschi”. I maschi che ho frequentato sono stati i primi ad insegnarmi a difendermi da altri maschi. Analizzavano persino i miei fidanzati e me li consigliavano o sconsigliavano.

Viene naturale, allora chiedersi perché “Quando gli conviene sono maiali e sei tu che ti devi regolare di conseguenza. Quando non gli conviene ti dicono che la violenza non è connaturata nel maschio e sei comunque sempre tu che devi comportarti di conseguenza.” come scritto nell’articolo di cui sopra.

Il perché, poi, è semplice: in confidenza, a quattr’occhi, ogni tanto un uomo ammetterà, ammetterà anche le sue bugie, i suoi tradimenti e le volte che ha usato una donna.

Ricordo quando chiesi che necessità ci fosse di illudere le donne sentimentalmente per ottenere un po’ di sesso (posso tranquillamente dire di avere incontrato sulla mia strada almeno 18 uomini su 20 che mi hanno usata anche quando io stessa lanciavo tutti i segnali di disponibilità e complicità e pronunciavo chiari discorsi affinché capissero che non c’era necessità di ingannarmi). Lui mi rispose, con una risata paternalistica e bonaria, che è sempre stato così e sarà sempre così. Lui è un professore di letteratura, battutosi per il femminismo negli anni ‘60 e ‘70. Cultura sconfinata, britannico, ateo. Mica agricoltore siciliano e cattolico! Certe cose sono universali!

Ma guai se ad additare quei difetti è qualcun altro ai loro occhi. L’ottuso orgoglio maschilista che si nasconde in tanti, in troppi, sanguinerà ferito e furibondo.

Ci sono segreti da sussurrare all’orecchio nei chiostri dei monasteri e ci sono dogmi che non si possono toccare pubblicamente, pena il risentimento collettivo, l’etichetta di strega o la neo etichetta di “misandria” perché il maschilismo vuole che i maschi vadano adorati nella loro interezza, con tutte le loro pecche, senza volerli mondare, accettandoli dogmaticamente come la verginità della Madonna.

Non si dica mai che il re è nudo.

Un po’ di autocritica e di rivoluzione interna?

La violenza maschile è un problema di tutti!

 

spranghe E basta, vivaddio! Penso sia da lunga pezza arrivato il momento di fare una riflessione generale sul problema della violenza, dell'aggressività, del sopruso. Autocritica sulla questione umana e su quella maschile nella fattispecie.

Mentre i cervellini asfittici di folle di maschilisti nell'impeto di autoindulgenza spargono notizie sulla violenza DELLE donne che esiste, per carità, ma è statisticamente episodica, ci si dimentica o si fa più verosimilmente finta di dimenticare guerre, missili, sfruttamento della povertà, desertificazione, persecuzione di razze, di ideologie religiose, di ideologie politiche, olocausti, bombe nucleari, cluster bombs, fosforo bianco, nazismo, stalinismo, terrorismo, fanatismo religioso di ogni angolazione della terra, polizia che seda rivolte nel sangue, dittatori sanguinari e poi ancora mafie di tutte le nazioni, criminalità quotidiana, violenza domestica, ultras imbecilli, stragi, sparatorie gratuite, eccetera eccetera.


In tutto questo marasma vuoi vedere che il problema sono le femministe che osano lamentarsi perché vengono stuprate ed ammazzate le donne? Non si deve? Dobbiamo stare tutte zitte e tenerci le infibulazioni, il burqa o il femminicidio quotidiano e trasversale?
Invece guardateci: noi facciamo qualcosa contro la violenza ma tanti criticoni inutili cosa fanno?

Ed è proprio quello che vogliamo fare. Noi non vogliamo far sentire colpevole chi non è colpevole.

Moltissimi penseranno “Ma io non ho fatto nulla, non ho ammazzato nessuno, non ho mai alzato un dito su moglie e figli, neppure sul cane. Sono vegetariano, sono animalista, mi metto in riflessione quando devo uccidere una mosca, me ne sto tranquillo per i fatti miei in poltrona e mi piace persino leggere!” ma certo, figuriamoci se qualsiasi donna abbia mai intenzione di puntare il dito e dire “Sei colpevole anche tu per osmosi, per propagazione, per appartenenza, per proprietà transitiva, per sillogismo aristotelico, eccetera” !

Però guardateci: noi scendiamo in piazza, accendiamo candele, organizziamo fiaccolate, scriviamo cortometraggi, combattiamo la pubblicità sessista, scriviamo libri, apriamo centri antiviolenza, offriamo patrocini gratuiti, chiediamo tutela, chiediamo rieducazione al pluralismo, riempiamo la rete di articoli e blogs per chiedere una revisione della cultura generale che genera figli degeneri, maschi violenti, maschi prepotenti.

Muoiono 450 uomini all’anno contro 150 donne? E allora? Non vediamo nessuno fare alcunché per fermare la carneficina annuale degli uomini sugli uomini. La mafia è universalmente condannata e combattuta, ok ma la violenza ordinaria? La violenza degli ultras? Ma da quanti anni non si scende a manifestare contro la guerra? Siamo rimaste solo noi le ultime sessantottine idealiste? Perché non si manifesta contro la tortura? Perché non sono gli uomini stessi a pretendere che si diffonda la cultura del pacifismo? Perché non si insegna, per esempio, che  guidare in auto non è una gara tra galli e che non è necessario correre, sfoggiare auto potenti, sorpassare tutti mettendosi a strombazzare e lampeggiare sotto i paraurti di chi vuole solo arrivare dove deve arrivare, normalmente? Perché l’educazione civica è secondaria, la religione è primaria, il machismo impera in tv e nella cultura conservatorista e fascista e gli uomini stessi non si ribellano a questo brodo perfetto per allevare prepotenti e violenti?

Perché gli uomini non scendono in piazza per dire basta alla carneficina quotidiana e urlare “La mia vita è mia e quando voglio morire lo decido io o la natura?”.

Mentre passavo questi mesi documentando la violenza sulle donne, mi sono passate sotto il naso notizie assurde di violenza tra uomini. Per esempio:

- 4 Marzo 2009. Uccide fratello perché davanti al televisore.

- 16 Aprile 2009. Ucciso per un parcheggio.

- 31 Gennaio 2010. Ucciso per una sigaretta.

- 30 Aprile 2010. Uccide il fratello per la Playstation.

- 21 Luglio 2010. Uccide patrigno e ferisce fratello.

- 23 Luglio 2010. Ucciso per una birra.

- 9 Agosto 2010. Uccide fratello a colpi di mannaia.

- 4 Settembre 2010. Tenta di uccidere il fratello perché il lavandino è sporco.

- 29 Settembre 2010. Uccide il fratello con un colpo di arma alla testa.

E visto che muoiono mediamente 450 italiani maschi all’anno, la lista è lunghissima.

Nel 2006 sono morti 423 maschi e 205 femmine; il 92,8% degli aggressori era di sesso maschile, il 7,2% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2007 sono morti 461 maschi e 159 femmine; Il 95,7% degli aggressori era di sesso maschile, il 4,3% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2008 sono morti 451 maschi e 159 femmine; il 97,3% degli aggressori era di sesso maschile, il 2,7% degli aggressori era di sesso femminile.

Nel 2009, 412 uomini ammazzati contro 161 donne; il 95,4% degli aggressori era di sesso maschile, il 4,6% degli aggressori era di sesso femminile, come possiamo leggere qui, su un sito al di sopra di ogni sospetto di faziosità.

Dite che il problema non sussiste? Il femminicidio non esiste? La violenza di genere non esiste? Le donne che denunciano violenza maschile rivolgono un insulto alla totalità degli uomini? Non è un tentativo di chiedere alla parte sana del genere maschile di fare qualcosa per porre un freno all’andazzo? Dobbiamo rassegnarci al fatalismo? Dobbiamo continuare ad assistere all’avanzata della mentalità fascista che vuole insegnare le tecniche di guerra nelle scuole superiori del nord? Dobbiamo rassegnarci alla mentalità leghista secondo cui solo gli stranieri delinquono e le mogli italiane vengono uccise dai mariti per questioni private o peggio, perché insultano la paternità? Devo proseguire ancora per molto o apriamo gli occhi all’ovvietà e smettiamo di vivere con la testa nella sabbia?

La violenza non è un fatto a cui ci si deve tutti rassegnare. La violenza può diminuire sensibilmente, soprattutto se tutti facciamo qualcosa in una direzione comune.

Pretendere a gran voce la certezza della pena, l’aumento del numero delle carceri, una vita carceraria più umana e volta alla rieducazione, un maggior numero di case di correzione per adolescenti, il recupero degli emarginati, il sostegno delle famiglie a rischio, l’azzeramento della sottocultura machista, non è assurdo. è assurdo che ci si lagni senza mai far nulla. è assurdo che ci si culli nel fatalismo.

Ecco una ricerca sulla violenza collettiva, per aiutarci alla riflessione: http://www.supportoallevittime.it/ita/doc/LA%20VIOLENZA%20COLLETTIVA_INAKI_MARKEZ.pdf

Mentre si fa a pezzi Chi L’Ha Visto, si attende con ansia il plastico del garage di Avetrana, con la benedizione istituzionale.

 

Particolari cruenti, analisi e controanalisi. Interviste a cugine disperate, piangenti, sfigurate da notti passate a singhiozzare. Inquadrature strettissime sul volto impenetrabile di Concetta. Pagine e pagine sul perché Concetta non piange e non offre scene di disperazione da rivendere al tg1, su cosa cela l’enigmatico volto inespressivo. Setacciamento dei filmati, dei cortili, degli androni, dei balconi, delle case allo scopo di trovare anche la più piccola traccia di disperazione spendibile nei pomeriggi televisivi di rai1, rai2 e canale5. Per non parlare di questi 42 giorni passati a mostrare a tutti le pagine del diario di Sarah, le interviste ad innocenti pasticcieri ed amici adulti chiamati in causa, spremuti prima dalla polizia ( a fin di bene) e poi dai giornalisti ( a fin di tiratura). Speculazioni ignobili sul carattere di Sarah messo sotto la lente d’ingrandimento deformante. Alla fine Sarah è risultata essere normalissima. Una normalissima ragazzina di 15 anni, anche molto calma, molto silenziosa. Ce ne sono di più sveglie ed autonome a quell’età. E chi di noi non ha mai detto di volere andare via, almeno una volta? Chi di noi non l’ha fatto senza, per questo, essere così stupidi da mettersi nelle mani di assassini? E infatti Sarah stupida non era. Non si è mai esposta al rischio.

Sappiate che vi è andata male, cari giornalisti istituzionalmente accettati. Sedersi in autobus accanto ad un senegalese o ad un rumeno è ancora sicuro. Non significa affatto esporsi al pericolo di essere stuprate ed uccise.

Continuano ad offrire zoomate sulle rughe, sulle macchie di grasso, sugli occhi azzurri del mostro ed io continuo a pensare che quello non sembra proprio il volto di un mostro. Mai come stavolta le teorie di Lombroso sono state sconfitte. Non un lampo celato di malvagità sul viso di quel contadino assassino. Si scava nella sua vita, si centellina, si smantella, si scompone, si cercano le molestie ad altre donne. Le molestie ad altre donne? Ma centinaia di uomini esprimono apprezzamenti molesti alle donne di passaggio. Centinaia tentano approcci. Tutti, tutti spiano (chi in modo più o meno evidente) scollature, sederi, gambe di passaggio. Per fortuna, non tutti sono potenziali stupratori di cadaveri di nipotine. E allora lasciamo stare, per cortesia. Lasciamo analizzare la personalità dell’assassino dagli specialisti, da chi può affermare quando un bravissimo padre di famiglia qualsiasi possa, eventualmente, nascondere i segni di disagio che un giorno esploderanno in un raptus e quando i segnali erano, invece, chiari e riconoscibili da tempo. Lasciamo spiegare quando un raptus è frutto di una psicopatologia e quando, invece, è il risultato di una cultura maschilista che potenzia la pericolosità di personalità prepotenti e legittima l’identificazione della “donna” con il “corpo della donna” in versione idealizzata attraverso la continua esibizione di lolite perfette che sfrecciano sui banchi di programmi satirici o improvvisano mossettine (che, mi spiace, non sono minimamente paragonabili alla danza) in qualsiasi trasmissione del giorno o della sera.

Intanto si spreme la faccenda per quanto possibile. La si spreme nei pomeriggi sul “due”, coi post-Cucuzza sull’ “uno” mentre i vari Pigi Battista saltano alla gola di Chi L’Ha Visto. L’unica trasmissione che faccia qualcosa per sbattere sotto gli occhi di tutti il fatto che il femminicidio non è un episodio occasionale. Chi L’Ha Visto è l’unico ad aver alzato la voce per dire “Le bambine di 11 anni non scappano da sole, neppure le ragazzine di 15! Le mamme non abbandonano improvvisamente i figli senza dare più segni! Le ragazzine non si suicidano dandosi fuoco e incolpando innocenti sul letto di morte! Finitela di archiviare le scomparse e di scaricare coscienze e responsabilità!”. Chi L’Ha Visto è scomodo perché sbatte in faccia il dato che l’orrore è quotidiano. Le donne scomparse sono decine all’anno. Non sono tutte squilibrate. Non si sparisce da casa in pantofole, senza cellulare, senza denaro, coi bambini piccoli ancora nei lettini, in attesa di trovare la colazione pronta al risveglio. Chi L’Ha Visto è scomodo perché è l’ennesima trasmissione di rai3, l’ennesima trasmissione bolscevica condotta da una giornalista bolscevica e in rapporti troppo amicali con un magistrato scomodo come Henry John Woodcock. Non importa che fosse stata proprio una giornalista del Corriere della Sera a chiamare la madre di Sarah in piena diretta su rai3 per chiedere conferma dei rumors sul ritrovamento del cadavere della figlia.

Se pure Chi L’Ha Visto avrà sciacallato, almeno fa del bene a tantissime famiglie e singoli abbandonati da tutti. Pensiamo a chi sciacalla senza fare del bene a nessuno.

Intanto la vicenda della 15 enne Sarah, adottata da tutta Italia ( tranne che da qualche troll bastardo e dai coriacei misogini negazionisti della violenza sulle donne) serve da prologo all’ennesima trasmissione sui poveri papà allontanati dalle ex mogli e dai figli. Serve a vendere una legge (il condiviso-bis) che non si dice a nessuno che farà ancora più vittime tra donne e bambini e che consentirà ai pochi padri internettiani che l’hanno chiesta di ottenere la loro vendetta legalizzate sulle ex compagne, tacendo il dato secondo cui la reale maggioranza dei padri italiani non ha tempo per per prendersi a casa i figli e non chiede affatto il condiviso. La morte di Sarah non sta affatto servendo allo scopo, ovvero a mettere a fuoco l’orrore che può nascondersi persino nella normalità. Non sta servendo allo scopo di generare allarme sulle violenze sulle donne. Non sta servendo allo scopo di gridare una bel “basta” allo sfruttamento dei corpi nello spettacolo televisivo istituzionale e benedetto persino dalla chiesa. Non sta servendo allo scopo di insegnare ai bambini, ai ragazzini, alle donne giovani o anziane come difendersi anche dalle avances di un parente stretto.

Sta servendo, invece, al solito scopo di arma di distrazione di massa.

Mentre si indaga nelle viscere di Avetrana e si fa a brandelli l’ennesimo programma “di sinistra”, ci aspettiamo almeno una ventina di puntatone di Porta a Porta con un bel plastico del garage dove la ragazzina è stata uccisa, certi che il Corriere benedirà l’iniziativa.

Sarah è l’eccezione, per i media nazionali.

La normalità ignorata, invece, è quella che era invisibile prima ed è ancora invisibile oggi: le donne continuano a morire per mano maschile, per mano di ex, per mano di spasimanti, per mano di conviventi. Continuano ad essere ferite a picconate, a colpi di ferro da stiro, a coltellate e in tutti i modi che la fantasia omicida suggerisce.

Intanto per l’infanticidio di Trento, senza un corpo, senza un movente, senza un’arma del delitto, su mere prove indiziarie, si incarcerano persone presumibilmente informate dei fatti (nella insussistenza del pericolo di inquinamento delle prove e del pericolo di reiterazione del reato); per un femminicidio che sembra del tutto premeditato, con un cadavere, con chiarissime prove ambientali, con mattonelle ed igienici distrutti da una testa spinta da una mano omicida per essere fracassata, con prove di alibi che non reggono, con prove di moventi chiarissimi, ci sono uomini assolti in appello con formula piena.

Chi è davvero senza colpa, scagli la prima pietra!

giovedì 7 ottobre 2010

Sarah, perdonaci

 

sarah-scazzi-2-300x225 è avvenuto stavolta, è avvenuto lo stesso fenomeno poche altre volte. La maggioranza delle volte scorrono sotto il nostro naso sotto la forma di insignificanti trafiletti di cronaca. Poche righe stilate presto e male da un frettoloso cronista che sbaglia età, nomi, luoghi, modalità. Di rado avviene che siano così eclatanti da accendere i riflettori e allora, pian piano, i dettagli di perfezionano, si modificano, capisci che l’età era completamente diversa, i nomi erano confusi tra loro, le modalità imprecise e si iniziano a delineare i moventi. Poi i più sensibili di noi restano a chiedersi “Sarà andata proprio così? Come mai è successo?”, i più sconsolati e passivi ringhieranno tra i denti un “Basta con la violenza!”.

Invece, stavolta, l’abbiamo vissuta. L’abbiamo conosciuta, Sarah (aggiungo la “h” finale al suo nome perché era lei a volerlo così, per sentirlo meno provinciale), abbiamo spiato nel suo diario, nella sua vita, nella sua cameretta, nella sua famiglia, sappiamo che le piacevano gli animali, che il suo idolo era Avril Lavigne, sappiamo tantissimo di lei.

Ogni giorno rovistavamo nei quotidiani in cerca di notizie, nella speranza che non si fosse affidata incautamente, ingenuamente, a mani nemiche. Ci eravamo convinti che fosse troppo fiduciosa, che avesse troppa voglia di crescere. Temevamo chissà quale bruto nascosto nelle pieghe dei social network, pronto ad approfittare di ragazzine di provincia come lei.

A grandi linee, gli orrori su donne e bambini si assomigliano tutti. Altre volte cadaveri semisvestiti e semidecomposti nei boschi erano stati traditi dalla mano nota di un familiare. Altre volte abbiamo letto dei sogni spezzati, delle vite sottratte per i pochissimi minuti del possesso di un corpo. Sappiamo bene, ormai, cosa significa essere rapiti da un rapace umano che vuole solo togliersi lo sfizio di possedere un corpo. Un corpo. Nient’altro perché chi vuole possedere la tua mente cerca di farti innamorare e passa le ore a parlarti, a perlustrare i tuoi pensieri.

Cos’ha quest’orrore di diverso? Perché ci colpisce tanto? Perché Sarah è stata sottratta a tutti, perché ci eravamo affezionati, perché ci sembrava di vederla pettinarsi e ballare per la stanza, scherzare con gli amici, scrivere sul diario. Poi ci colpisce che quel visetto grazioso, grazioso ma normale, quella normalità assoluta da ragazzina della porta accanto, siano stati vilipesi, violati, calpestati all’inverosimile.

Io fantastico come davanti ad un percorso a bivi, come in Sliding Doors: se non avesse accettato di scendere in cantina, se si fosse girata ed avesse mollato un calcio allo zio per prendere il tempo per scappare, se avesse parlato alla mamma, magari avrebbe continuato ad andare al mare, ad uscire con gli amici adulti della cugina, a socializzare su Facebook, a studiare all’istituto alberghiero ed a sognare il giorno in cui sarebbe andata via da Avetrana per  iniziare la sua vera vita.

Nulla di tutto questo. Uccisa per la solita brama del possesso del corpo. Uccisa per essere usata in fretta, prima di diventare fredda e rigida. Gettata in una buca come un vecchio ramo secco, in ammollo nell’acqua per 42 giorni. Corpicino denudato, privato di ogni rispetto, di ogni dignità, di ogni mistero. Depredata ed offesa all’inverosimile. Calpestata dalle illazioni di articoli grondanti misoginia che la descrivevano come furba, pianificatrice senza cuore, leggera, un po’ facile. Calpestata da inutili idioti che si credono in qualche modo arcano intellettualmente superiori perché hanno aperto pagine su Facebook in cui hanno dipinto addosso a lei, vergine derubata di tutto, forse anche del primo bacio, dalle mani sozze di un contadino cinico ed spietato, un inverosimile personaggio da ninfomane. Calpestata da inutili idioti che covano un odio senza fine per il genere femminile al punto di infangare perversamente la memoria di quella che era poco più di una graziosa bambina bionda.

benitogiua2ededinsultisarah1insultisarah3 insultisarah2 insultisarah4 insultisarah5

Scusaci.

Non abbiamo saputo difenderti. Noi, che sappiamo da sempre che la famiglia non è il paradiso, che non è il luogo di ricovero da tutti i mali del mondo e che è sempre successo che sguardi, mani avide abbiano sfruttato piccoli giovani corpi per pochi minuti di incontrollata libidine, non abbiamo gridato forte abbastanza.

Non abbiamo preteso che l’ipocrisia cessasse, che si insegnasse ai bambini come difendersi. Non abbiamo lottato per chiedere la fine della turpitudine patriarcale che sottopone donne e bambini all’avidità di indegni “capifamiglia”. Non abbiamo fatto abbastanza. Contiamo le vittime e ci indigniamo ma non sappiamo volgere la nostra indignazione in battaglia. Ci culliamo nel poco che abbiamo, convinti che vada tutto bene. Non abbiamo puntato i piedi per terra per chiedere una seria tutela, vere leggi, la certezza della pena. Ci siamo soffermati su fatti relativi come il sessismo delle desinenze o lapidazioni mai neppure comminate, frutto di propaganda e armi di distrazione di massa mentre tu e tante altre al mondo morivate davvero nei modi e per i motivi più inaccettabili. E perdona i giornalisti sciacalli che hanno scritto pagine e pagine sulla tua presunta scarsa serietà o sulla freddezza della tua meravigliosa mamma. Hai una mamma che è sempre rimasta lucida e pratica, che non si è persa nella recitazione della disperata passiva, stereotipo misogino al quale vorrebbero relegare qualsiasi altra madre. Una madre così era una madre su cui contare nelle difficoltà e, infatti, lei pensava a come fare per ritrovarti, non se ne stava a piangere e nutrirsi di appelli illusori ed inutili a favore di telecamera. Escogitava strategie come un generale in guerra, come ogni vera donna dovrebbe essere. Forte. Dignitosa. Perdona gli idioti senz’anima, gusci vuoti che vagano insultando a vanvera per dare un senso alle proprie vite. Perdona i negazionisti falsabusologi maschilisti che hanno insinuato che tu fossi andata via di proposito e senza un briciolo di pena per il dolore che ti saresti lasciata dietro, che ogni responsabilità fosse tua e che dipingono il “padre di famiglia” come una figura perfetta, apollinea, infallibile e ingiustamente infangata. Perdona i religiosi che non hanno speso una sola parola per te, piccola donna. Perdona chi ha messo sulle tue spalle e sulle spalle di ogni donna una croce che portiamo da millenni e ci apprestiamo a trascinare per altri millenni per il solo fatto di suscitare desiderio sessuale che uomini involuti non sanno controllare. Perdonaci per non averti protetta, difesa, per non avere davvero cambiato le cose, Sarah.

Perché quando una mamma uccide un bambino è considerata malata e quando il bimbo è ucciso da un altro parente il caso è trattato diversamente? Risposte.

Il chiodo sul quale battono i maschilisti nella speranza di strappare i figli alle madri è sempre lo stesso, l’unico che hanno a disposizione: le madri infanticide.

I più faziosi e disonesti partono all’attacco del ruolo naturale della madre come a voler giudicare la natura colpevole di aver scelto il genere sbagliato al quale affidare un ruolo così delicato. I soggetti altamente misogini ignorano o fingono di ignorare che tutto nella donna è disposto all’accoglienza del feto ed all’accudimento della prole. Non solo le donne sono le uniche a possedere l’altamente complesso sistema che consente ad un feto di svilupparsi e di essere nutrito anche dopo la nascita ma esse sono anche dotate del corredo ormonale necessario alla protezione, alla difesa, alla cura, insomma tutto quel patrimonio che determina la nascita dell’istinto materno vero e proprio.

Mentre il concorso maschile alla procreazione è minimo, l’intero corpo femminile partecipa materialmente alla costruzione di una nuova vita. Attraverso il sangue materno passano le sostanze che servono a nutrire ed ossigenare il feto, le sostanze espulse dal feto stesso necessitano a loro volta del passaggio nell’organismo femminile. La compartecipazione è viscerale nel senso letterale del termine. Lo sconvolgimento ormonale che ne deriva è talmente forte che si necessita di tutta la salute psicofisica possibile per compiere il ruolo di puerpera e madre nel migliore dei modi.

Questo sconvolgimento ormonale è estraneo al mondo maschile, se ne può comprendere dall’esterno solo la portata teorica ed osservarne i risultati.

Purtroppo, una delle conseguenze delle tempeste ormonali nell’organismo femminile dovute ad attesa, parto, allattamento e stabilizzazione dell’istinto materno è la depressione post partum.

La depressione post partum, come vedremo, ha un’incidenza altissima e viene superata, nella stragrande maggioranza dei casi, in modo eccellente.

Purtroppo in alcuni casi in cui esistono predisposizioni genetiche allo squilibrio mentale che attendono una scintilla o una causa scatenante per rivelarsi in tutta la loro portata, la depressione post partum degenera in psicosi post partum.

La psicosi post partum è una vera e propria malattia psichiatrica riconosciuta ed inclusa nel DSM-IV, ovvero nella bibbia della psichiatria, nell’elenco delle malattie psichiatriche che rispondono a tutti i criteri di accertamento.

Soprattutto nella tipica età dell’insorgenza delle principali malattie mentali (ovvero l’età giovanile compresa tra i 17 ed i 25 anni) il rischio che una latente psicosi possa esplodere a causa delle tempeste ormonali scatenate dal parto e dalla maternità è altissimo.

Allo stesso modo, uno squilibrio ormonale nella maternità può indurre al peggioramento di nevrosi comportamentali e patologie della personalità in grado di scatenare reazioni mortali.

Non si tratta, purtroppo, di una condizione innaturale, anzi, fa parte di quel margine minimo d’errore, d’imperfezione, presente nella natura in quasi tutte le specie animali.

Mentre la natura ha predisposto la difesa dei cuccioli dai maschi estranei al branco, in alcune specie, che uccidono i piccoli di altri padri allo scopo di portare nuovamente le femmine in calore e guadagnare la via preferenziale alla riproduzione,  non esiste una vera e propria strategia di difesa del cucciolo da eventuali istinti omicidi della madre. La difesa è legata alla morfologia del neonato (le fattezze, i movimenti ed i vagiti che inducono alla tenerezza e richiamano la madre alla cura) e al legame ormonale ed olfattivo.

Se le madri fossero tutte pericolose o inadatte al ruolo, come i misogini opportunisti che incontriamo in questa particolare fase storica vorrebbero far credere, di certo la natura avrebbe escogitato metodi di difesa più efficaci o avrebbe consentito un differente sistema di procreazione.

Invece non è così.

Non è bello, soprattutto nella specie umana, che ha ricevuto in donazione anche l'autoconsapevolezza, l’intelletto e che ha creato società e sovrastrutture etiche fondamentali, non è giustificabile anche perché esistono strutture e specialisti ai quali rivolgersi ai primi sintomi di disturbo, ma succede. Succede anche in natura. Succede ai cani, ai gatti, ai lupi, alle scimmie e succede anche all’essere umano.

In più, nell’animale donna intervengono fattori sociali e psicologici come pressioni, aspettative, la paura di non essere all’altezza del ruolo, la difficoltà ad accettare la perdita dell’indipendenza, del lavoro, il senso di solitudine, la mancanza di aiuto materiale, la mancanza di sonno, la cattiva alimentazione, le preoccupazioni per l’estetica, il timore di perdere l’amore del compagno e via dicendo.

Nella stragrande maggioranza dei casi l’infanticidio è il preludio al suicidio della madre che ritiene arbitrariamente che i propri figli non saranno in grado di superare il dramma della sua della sua perdita, cova un morboso terrore del futuro e di un presente pieno di insidie e si convince che portare la sua prole con sé all’altro mondo sia l’unica via di fuga possibile (con ragionamento malato che scade nel vero e proprio paradosso).

Purtroppo, anche oggi abbiamo la segnalazione di un caso di psicosi post partum che ha portato una madre a strangolare il figlioletto di 3 anni ed a tentare il suicidio.

Nella speranza di poter prevenire casi come questo, è bene documentarsi e sapere a quali rischi andiamo incontro e in che modo possiamo limitare i sintomi e le conseguenze di tale sindrome.

è assolutamente auspicabile e necessaria una maggiore politica sociale del governo, una migliore assistenza alle neo-mamme, un pronto intervento ai primi sintomi di depressione.

Nelle nazioni europee evolute, ad esempio, i governi mettono a disposizione “tate statali” che si trasferiscono a casa delle neo-mamme per i primi mesi e danno loro una mano ad accudire i piccoli (accade in Francia) oppure dispongono il congedo parentale che consente anche al padre di essere a casa per i primi mesi di vita dei piccoli e di contribuire attivamente, dividendo il carico di responsabilità e stress (accade, ad esempio, in Svezia).

L’Italia, come al solito, non è ancora al passo con le iniziative delle altre nazioni occidentali e relega quasi tutto il peso dei primi anni di allevamento alla sola madre, con le conseguenze prevedibili del caso.

Infine, sostenere che gli infanticidi avvengano esclusivamente ad opera femminile è totalmente errato. Purtroppo anche i padri uccidono, per un ventaglio di motivazioni differenti da quelle materne. Capita più spesso che uccidano figli più grandicelli  e che commettano vere e proprie stragi familiari. Un esempio qui.

   LA DEPRESSIONE POST-PARTUM (da Benessere.com)

La depressione post-partum (dal latino “dopo il parto”) è una particolare forma di disturbo nervoso che colpisce alcune donne a partire dal 3° o 4° giorno seguente la gravidanza e che può avere una durata di diversi giorni, manifestandosi in qualche caso come depressione vera e propria, accompagnata da forme di psicosi.

Oltre il 70% delle madri, nei giorni immediatamente successivi al parto, manifestano sintomi leggeri di depressione, in una forma che il pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott ha denominato “baby blues”, con riferimento allo stato di malinconia (“blues”) che caratterizza il fenomeno. Si tratta quindi di una reazione piuttosto comune i cui sintomi includono delle crisi di pianto senza motivi apparenti, irritabilità, inquietudine e ansietà che tendono generalmente a scomparire nel giro di pochi giorni.
Ben più gravi e duraturi sono i sintomi della “depressione post-partum” che possono perdurare anche per un intero anno e che comprendono:

  • indolenza
  • affaticamento
  • esaurimento
  • disperazione
  • inappetenza
  • insonnia o sonno eccessivo
  • confusione
  • pianto inconsulto
  • disinteresse per il bambino
  • paura di far male al bambino o a se stessa
  • improvvisi cambiamenti di umore

La scienza medica non ha fornito ancora delle spiegazioni definitive riguardo alle cause del fenomeno, anche se alcuni studi imputano l’apparizione della “depressione post-partum” a cambiamenti ormonali nella donna, più in particolare nel calo del livello degli estrogeni e del progesterone, con un’alta statistica di casi tra donne che accusano forti fastidi nella fase premestruale. In realtà ci sono molti altri fattori che concorrono alla comparsa della “depressione post-partum”, perlopiù di origine psicologica legata agli eventi immediatamente successivi al parto, come il cambiamento di ruolo della donna in ambito sociale, il timore per le sue imminenti responsabilità, il proprio aspetto fisico. La sintomatologia della depressione post-partum si può manifestare in forma lieve e scomparire nel giro di pochi giorni, ma che se dovesse perdurare richiede l’intervento di uno specialista, maggiormente se nella sua patologia più grave, denominata “psicosi post-partum”.

Le tipologie di quella che comunemente, ma non correttamente, viene chiamata “depressione post-partum” sono quindi essenzialmente tre:

  1. Il baby blues
  2. La depressione post-partum
  3. La psicosi postpartum

Il babybluesChiamato anche blues post-partum, si manifesta attraverso frequenti e prolungate crisi di pianto, stati di tristezza e di ansia e, sebbene sia una condizione di disagio, tende a scomparire nell’arco di quindici giorni al massimo, non richiedendo particolari cure che non siano affidate al buonsenso, alla pazienza ed all’assistenza di coloro che circondano le donne che ne sono colpite. Si manifesta in un numero elevato di casi tra le neo-mamme, in una percentuale che supera il 70%.

La depressione post-partumI sintomi sono quelli su riportati, che si manifestano in forme mutevoli per durata e per frequenza ma di intensità maggiore che non quelli del “babyblues”. Il fenomeno è riscontrato in circa il 10% delle donne che hanno appena partorito, con un incremento del 30% se sono state colpite dalla stessa depressione, in occasione di un parto precedente. La percentuale sale sensibilmente in presenza di donne che hanno già manifestato in passato disturbi mentali di varia natura. La durata dei sintomi varia da qualche settimana ad un anno, con rischi di ricomparsa successiva e la cura consiste nella somministrazione di antidepressivi (con conseguente interruzione dell’allattamento) e con la psicoterapia, da proseguire anche oltre la scomparsa dei sintomi.

La psicosi post-partum È la forma più grave di depressione e richiede misure mediche tempestive. I sintomi comprendono stati di agitazione, confusione, pessimismo, disagio sociale, insonnia, paranoia, allucinazioni, tendenze suicide o omicide nei confronti del bambino. La casistica delle psicosi post-partum è di una neomamma ogni mille e in alcuni casi si rende necessario il ricovero in ospedale e una serie di cure adeguate alle forme di psicosi riscontrate.

Come prevenire la depressione post-partumPur essendoci delle cause naturali, legate alla fisiologia della donna, è possibile prevenire o quantomeno attenuare le manifestazioni della depressione post-partum agendo soprattutto a livello psicologico, sia da parte della madre che di chi le sta attorno.

Per quanto riguarda la madre può essere molto utile, ad esempio, limitare i visitatori nei giorni del rientro a casa dopo il parto, dormire nelle stesse ore in cui dorme il neonato, seguire una dieta adeguata che eviti eccessi e l’assunzione di eccitanti come alcool e caffè, chiedere aiuto quando se ne sente il bisogno, mantenere i contatti con amici e familiari, rafforzare il rapporto con il partner e soprattutto cercare di mantenere un atteggiamento realistico nei confronti di se stessi, del bambino e la piena consapevolezza di una situazione che avrà degli alti e dei bassi ma che esaurirà le sue manifestazioni negative nell’arco di pochi giorni. Da parte del partner o comunque dei familiari può essere utile offrire aiuto nei lavori domestici, nell’alleviare gli impegni della neomamma, nel mostrare disponibilità ad ascoltare e ad offrire sostegno, ma solo se questo non incontra resistenze.

Come curare la depressione post-partum Se necessario, se cioè i sintomi riscontrati sono di entità maggiore che non quelle di un semplice “baby blues”, la depressione post-partum può essere affrontata in ambito medico, in modo differente a seconda del tipo e della gravità dei sintomi. Le cure possono consistere nell’assunzione di ansiolitici e antidepressivi (sotto controllo medico e sospendendo l’eventuale allattamento), nella psicoterapia e nella partecipazione a terapie di gruppo con donne che manifestano la stessa sintomatologia.

Quando rivolgersi ad uno specialistaSe i sintomi sono di una entità allarmante o comunque persistono nella durata oltre due settimane, se si ha la sensazione di poter fare del male a se stesse o al proprio bambino e se i sintomi di ansietà, paura e panico si manifestano con grande frequenza nell’arco della giornata.

Depressione post-partum da Benessere.com

mercoledì 6 ottobre 2010

Il bullismo è un valore per i movimenti maschilisti

 

home_1_00 I deliranti programmi dei movimenti neomaschilisti come Uomini3000 e Maschi Selvatici sono linguisticamente interessanti per l’arte di presentare una boiata ai limiti della legalità infiocchettata da un linguaggio retorico. Tanto per cominciare, per poter vivere più a lungo e navigare sott’acqua senza immediatamente attirarsi gli strali dell’intera società hanno abolito la desinenza –isti e si spacciano per “movimenti maschili” mettendosi indebitamente sullo stesso piano di Maschile Plurale che, al contrario di Uomini 3000, è un vero movimento maschile che ha programmi e scopi del tutto opposti al maschilismo e del tutto affini al femminismo, ovvero l’integrazione realmente paritaria, la reinterpretazione dei ruoli, l’estirpazione degli atteggiamenti sessisti, machisti, retrivi, patriarcali ed anacronistici.

Io considero questo travestitismo maschilista niente di meno che un atto di subdola vigliaccheria, una delle loro tante mistificazioni a scopo bellico. Vanno capiti, sono talmente invasati che hanno lanciato una vera e propria chiamata alla guerra contro il femminismo e qualsiasi minimo diritto femminile mai ottenuto, anche senza alcun intervento del femminismo. Nascondere la loro reale identità serve loro ad insinuarsi nei mezzi di informazione e riscuotere le simpatie di qualche donna impietosita e perennemente in competizione con le altre donne per stracci di maschio. Se ammettessero apertamente di essere maschilisti, senza indorare la pillola, resterebbero anche agli occhi dei più tonti solo quattro gatti sfigati insicuri, pieni di rancore e nostalgici di un passato medievale in cui le donne erano serve e la competizione tra i sessi non era un pericoloso spettro che minacciava di carpire loro un minimo di potere.

Al limite dell’infiocchettamento linguistico dei concetti inseriti nei loro programmi, troviamo perifrasi così inspiegabili che, per fortuna, qualcuno ha sentito il bisogno di tradurle in un termine universalmente conosciuto. Per capirci meglio, è ciò che succede quando i disabili vengono rinominati “differentemente abili”, anche se in questo caso la necessità è quella di restituire ad una categoria la propria dignità ricordando che il corpo umano sa supplire meravigliosamente alla perdita di alcune sue funzioni con lo sviluppo collaterale di altre funzioni.

In questa specie di manifesto c’è l’interessantissima frase (uno dei picchi, forse il picco del delirio):

“Contro la criminalizzazione scolastica della vitalità maschile (bullismo) “Pulci_-_Il_Pulciaro_Vignetta_contro_il_bullismo_nelle_scuole

Meno male che si sono resi conto che nessuno avrebbe mai potuto capire che “la criminalizzazione scolastica della vitalità maschile” non è altro che la criminalizzazione del bullismo. Nessuno avrebbe potuto capire anche perché sarebbe sembrato troppo assurdo per essere vero. E invece…

Quindi il bullismo per loro non è altro che l’espressione della vitalità maschile in ambito scolastico. E io che pensavo che il bullismo fosse tipico di ragazzini problematici, espressione di difetti di comunicazione, di ritardo evolutivo, di alterazione dei valori, di malessere dovuto alla provenienza da famiglie disagiate. Possibile mai che picchiarsi, spintonare ragazzine, manomettere le auto dei professori, derubare compagni di classe con coltellini, insultare crudelmente chiunque sia vagamente “non conforme” sia una manifestazione di vitalità maschile? In effetti in altri punti si accenna a questa necessità di non frenare “il maschio” nelle sue espressioni di vitalità :

“Contro la domesticazione e la mansuetizzazione degli uomini.”

Eh già, sennò che maschi selvatici sarebbero.

A me queste espressioni rievocano immagini di trogloditi che si rotolano nel fango liberi di emettere i loro gas corporei con un certo orgoglio e di darsi la clava in testa a vicenda in allegria. Vorrei ricordare a questi signori che l’invenzione del galateo (mai sentito parlare di un certo Giovanni Della Casa?), dei cicisbei, delle camicie di merletto, dei modi raffinati, dei dandyes è del tutto MASCHILE, così come l’omosessualità è nata in tempi assolutamente non sospetti e fior di filosofi e letterati greci e latini insegnavano la pacatezza dei modi, la serietà, l’importanza dell’affermazione della mente sul corpo.

Il termine “civilizzazione” è stato inventato da uomini antichissimi, di certo non maschilisti.

Le donne, si sa, hanno avuto ben poco spazio nella storia, per cui se la prendessero con se stessi.

Il femminismo non c’entra una cippa con alcun vago concetto di “domesticazione e mansuetizzazione” a meno che il chiedere di non essere violentate, picchiate ed uccise come donne non sia un freno alla libera espressione maschile.

E, in effetti, temo di intravedere qui e là una sorta di richiamo al diritto di molestare donne nel nome della “restituzione agli uomini dell'innocenza e dell'onore” (niente di più semplice. Ancora oggi moltissimi uomini non sono condannati per le violenze sessuali o gli omicidi di cui si sono resi colpevoli) e nel nome della “difesa della selvaticità e degli istinti maschili”. Soprattutto quest’ultima frase mi preoccupa. Che significa? Che se un “maschio” sconosciuto ha l’istinto di palparmi il culo io devo lasciar fare? Non devo considerare molestia l’essere seguita ed apostrofata per strada in base alla taglia del mio reggiseno? Devo abbozzare un sorriso compiaciuto se vengo violentata perché tanto non è che libera espressione degli istinti maschili?

Allora, intanto, saranno contenti di leggere questa notizia. Un ragazzino, nella sua libera espressione di vitalità maschile ha ridotto un altro ragazzino al limite della vitalità, ovvero in ospedale in prognosi riservata. Ecco, ora speriamo che non lo criminalizzino, giusto? Proponiamo un premio come esempio di espressione di vitalità ed istinti maschili.

Ciò che davvero maggiormente mi irrita e mi rende questi signori degni di profonda compassione è il loro porsi a difesa di un genere maschile che essi non rappresentano se non in minima parte.

Un po’ dev’essere dovuto alla loro ignoranza della storia (non devono aver compiuto studi classici, altrimenti avrebbero scoperto in Seneca un nemico dei loro programmi) e molto alla loro arroganza e presunzione nel farsi interprete di mezza umanità che in gran parte non si rispecchia minimamente nei loro programmi.

I “nerds”, per esempio, i “secchioni della classe” non sono certo il frutto del femminismo! Eppure sono costantemente oggetto di dileggio o molestia da parte dei maschi in stretto contatto con la loro parte più selvaggia. Che a loro piaccia o meno, ci sono uomini dotati di sensibilità, passati alla storia per le abilità letterarie, per la poesia, per il loro struggimento nell’osservare il mondo seduti dietro ad una siepe o nell’idealizzare donne che potevano solo scorgere alla finestra, per la capacità di astrazione.

Che a loro piaccia o meno, chi ha davvero colpevolizzato la libera espressione degli istinti maschili nei secoli dei secoli è stata la religione e questo perché le donne erano viste come strumento del demonio, come coloro che avevano la colpa di suscitare istinti turpi nell’uomo con le loro forme, motivo per cui, per avvicinarsi a Dio, è stato inventato l’ascetismo e il celibato ecclesiastico poiché il solo pensiero del sesso era sporcizia e risposta al richiamo di Satana.

Insomma, nell’incoerenza e nella sconclusionatezza dei vostri programmi neomedievali, parlate per voi e riprendetevi la giusta definizione di “maschilisti” giacché sapete benissimo che moltissimi uomini disprezzano il maschilismo e certi richiami all’inciviltà.

Alla voce “maschilisti in rete” troverete altri post sull’argomento di scottante attualità.