Rispondo a questo bellissimo articolo di Femminismo A Sud che ha scatenato inevitabilmente in me ricordi e riflessioni. Conosco perfettamente ciò che viene descritto nel pezzo. Ho in mente decine di situazioni vissute di persona o da altre ragazze cresciute con me. Ho sentito certi discorsi decine di volte. Ho sentito questi discorsi anche da donne ma le motivazioni, in quel caso, erano differenti.
Una volta mia sorella adolescente era ferma a chiacchierare in strada con un amico seduto su un motorino quando arrivò uno dei fratelli di nostra madre e le diede uno schiaffo.
Questo aneddoto mi fu raccontato e divenne un altro motivo di risentimento verso questo zio che adesso non saluto neppure. è la pecora nera della famiglia di mia madre. L’unico ad essersi mangiato tutti i suoi risparmi e finire oberato di debiti, anche nelle epoche d’oro in cui guadagnava a vagonate. Aveva tutti i vizi possibili ma, soprattutto, il gioco e le donne. Ha vissuto da parassita alle nostre spalle per tutta la vita, costringendoci a mantenere persino la sua famiglia (5 figli e moglie) mentre i suoi soldi finivano alle prostitute professioniste che aveva come amanti e finivano persi a carte. La moglie ed i figli lo cacciarono di casa. Non dimenticherò mai lo sguardo atterrito e sconsolato di mio cugino quando, forzata da mia madre che temeva che il fratello finisse sotto un ponte, lo posi davanti ad un aut aut affinché riprendesse il padre in casa. In seguito venni a sapere delle condizioni in cui avevano vissuto tutti loro, senza denaro, senza mai vedere il padre che latitava, umiliati perché costretti ad elemosinare la carità degli altri parenti. Neppure una grave malattia mutò il carattere di mio zio. Finalmente allontanato dall’intero parentado, iniziarono i ricatti affettivi, le pretese di avere l’amore dei figli quando aveva fatto di tutto per perderlo e nulla per guadagnarselo. Minacciava di gettarsi sotto un treno. Alla fine nessuno gli ha creduto. Dopo decenni in ostaggio di un prepotente, ora finalmente la ex famiglia di mio zio sta trovando la pace.
Un’altra esperienza contro il dogma del “padre di famiglia”.
Eppure lui faceva la morale a noi. Noi borghesi, figlie della sorella, benestanti, beneducate, istruite, cresciute in una famiglia di professionisti e proprio per questo chiuse in casa a doppia mandata ed obbligate a mantenere il decoro anche a nome di zii indecorosi.
Mia madre era cresciuta in una famiglia patriarcale, era costretta a lavare i piedi del padre quando tornava da lavoro, era chiusa in casa e sorvegliata a vista dai fratelli, per lei l’oppressione era un naturale stato di cose. Ecco anche perché capisco le donne musulmane che stentano a togliersi il burqa al quale sono abituate.
Persino il portinaio del palazzo di fronte riteneva di avere il diritto di farsi gli affari nostri e valutare a che ora tornassimo a casa e come fossimo abbigliate, noi figlie di professionisti. Il portiere era un po’ rattuso lo percepivi a pelle. Fin da ragazzina ti si sviluppano le antennine per riconoscere i rattusi.
Quindi eravamo segregate e le festicciole tra compagni di classe erano impensabili. Non potevo neppure ricevere telefonate da chi era stato assente a scuola e mi chiedeva l’assegno o un confronto con le traduzioni di latino. Intanto subivo ogni giorno una media di due molestatori sugli autobus affollati. Ricordo le battaglie silenziose con lo zaino per tenere le mani lontane dal mio corpo e quando tornavo a casa sbattevo lo zaino a terra, carica di rabbia frustrata. Erano sempre vestiti in giacca e cravatta i palpeggiatori da autobus.
Divenni una ribelle, cominciai a strappare il diritto a frequentare i miei coetanei maschi, infinite volte più innocui di portinai, vicini di casa, zii e palpeggiatori da autobus.
Non conto le volte che ho sentito da amici maschi, da fidanzati, da zii le raccomandazioni a stare attenta “perché io lo so come sono fatti i maschi”. I maschi che ho frequentato sono stati i primi ad insegnarmi a difendermi da altri maschi. Analizzavano persino i miei fidanzati e me li consigliavano o sconsigliavano.
Viene naturale, allora chiedersi perché “Quando gli conviene sono maiali e sei tu che ti devi regolare di conseguenza. Quando non gli conviene ti dicono che la violenza non è connaturata nel maschio e sei comunque sempre tu che devi comportarti di conseguenza.” come scritto nell’articolo di cui sopra.
Il perché, poi, è semplice: in confidenza, a quattr’occhi, ogni tanto un uomo ammetterà, ammetterà anche le sue bugie, i suoi tradimenti e le volte che ha usato una donna.
Ricordo quando chiesi che necessità ci fosse di illudere le donne sentimentalmente per ottenere un po’ di sesso (posso tranquillamente dire di avere incontrato sulla mia strada almeno 18 uomini su 20 che mi hanno usata anche quando io stessa lanciavo tutti i segnali di disponibilità e complicità e pronunciavo chiari discorsi affinché capissero che non c’era necessità di ingannarmi). Lui mi rispose, con una risata paternalistica e bonaria, che è sempre stato così e sarà sempre così. Lui è un professore di letteratura, battutosi per il femminismo negli anni ‘60 e ‘70. Cultura sconfinata, britannico, ateo. Mica agricoltore siciliano e cattolico! Certe cose sono universali!
Ma guai se ad additare quei difetti è qualcun altro ai loro occhi. L’ottuso orgoglio maschilista che si nasconde in tanti, in troppi, sanguinerà ferito e furibondo.
Ci sono segreti da sussurrare all’orecchio nei chiostri dei monasteri e ci sono dogmi che non si possono toccare pubblicamente, pena il risentimento collettivo, l’etichetta di strega o la neo etichetta di “misandria” perché il maschilismo vuole che i maschi vadano adorati nella loro interezza, con tutte le loro pecche, senza volerli mondare, accettandoli dogmaticamente come la verginità della Madonna.
Non si dica mai che il re è nudo.
Un po’ di autocritica e di rivoluzione interna?
Nessun commento:
Posta un commento